Sergio Cofferati non è una figura qualsiasi della sinistra italiana. Un comunista abituato a misurarsi nella ricerca delle soluzioni concrete, mai estremista, sobrio, misurato e attento al merito dei problemi. Attento estimatore di Luciano Lama è stato il principale sostenitore del Sindacato di Programma con cui Bruno Trentin archiviò la presenza delle correnti di partito nella CGIL e battendosi al suo fianco nella difficile stagione del 1992-93 sfidò la piazza difendendo gli accordi sulla politica dei redditi firmati con i Governi di Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi. Portò il pragmatismo del sindacato dei chimici alla guida della CGIL orientandosi sempre per la mediazione unitaria con CISL e UIL, e tenendosi lontano da posizioni strumentali di carattere di matrice politica. Sergio Cofferati ha segnato l’affermazione del merito come unico discrimine nei rapporti con i partiti, coi Governi e con le altre confederazioni.Per chi, come me ha avuto modo di seguire il confronto interno molto aspro in quel periodo con la sinistra della CGIL che lo considerava troppo sindacalista e poco attento alle dinamiche politiche, è difficile derubricare il suo strappo dal PD come un gesto astioso. Furono proprio il radicamento al merito delle ragioni sindacali e la sua cultura riformista ad animare la più grande manifestazione sindacale di tutti i tempi nella Roma del 2002. Non discuto le scelte fatte da Sergio Cofferati all’indomani della sua esperienza in CGIL quando per senso di responsabilità si caricò dell’obiettivo di restituire alla città di Bologna un Sindaco di sinistra allontanandosi dal quadro politico nazionale e facendo il gioco di chi ne temeva la popolarità all’interno dei DS. Non mi soffermo sul suo posizionamento congressuale e sulla distanza che ha marcato con la CGIL e sui temi del lavoro in questi anni. Ciò che ritengo sia ingeneroso è l’abbrivio di chi con troppa fretta lo archivia come un astioso in cerca di visibilità. Sergio Cofferati è già un pezzo della storia italiana e non ha bisogno di scranni o di promuovere la sua immagine. Avrà avuto i suoi limiti e fatto le sue scelte pagandone il prezzo e deludendo milioni di lavoratori italiani che confidavano in una sua funzione di responsabilità politica nazionale nel 2004-2005, ma non per questo si può evitare di misurarsi sul merito delle questioni che Cofferati pone alla sinistra. Lo strumento delle primarie ha snaturato il PD e marginalizzato la storia ed i valori del movimento operaio, svuotato di senso la funzione degli iscritti e del partito. Consentire agli avversari del PD di scegliere chi debba essere il segretario del Partito o chi proporre alla guida di una città, di una regione o del Governo, ha accelerato la scomparsa di una cultura politica su cui tutti dovrebbero soffermarsi a ragionare, ripartendo come ci hanno insegnato Di Vittorio, Lama e Trentin dal merito della questione senza cadere nella trappola della demonizzazione della persona onde evitare di dire che il Re è nudo. Si apra un confronto serio su questi temi provando a dialogare con Cofferati anziché tirare un sospiro di sollievo perché è andato via.
Michele Petraroia
Petraroia: Lo strappo di Cofferati apre una riflessione nella sinistra italiana
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