La sinistra molisana non ha mai avuto vita facile, ma pur tra mille errori, ritardi, limiti e spaccature, è riuscita almeno in parte, a rappresentare e tutelare i bisogni delle classi sociali meno abbienti. Non si contano i militanti di sinistra obbligati a scegliere, da fine ottocento ai nostri giorni, la via dell’emigrazione come unica alternativa per non rinunciare ai propri ideali. La lotta politica nei piccoli comuni del Molise non è mai stata una passeggiata per chi osava schierarsi contro il potere, tra rinunce, sacrifici, visti negati per l’espatrio in America, mancate assunzioni in FIAT o negli uffici pubblici, discriminazioni palesi nell’assegnazione delle terre della riforma agraria, isolamento, denigrazioni e negazioni di diritti elementari. A tutto ciò si reagiva organizzandosi nel partito socialista, iscrivendosi al sindacato, aderendo al PCI, strutturando le associazioni cooperative, degli artigiani e dei contadini, lottando insieme ai partiti laici,e rafforzando le reti di solidarietà locali. Un cammino nato con le società di mutuo soccorso e che si inerpica ancora sui sentieri sempre più stretti di questo terzo millennio dominato dal ricatto di un capitalismo senza regole che umilia il lavoro e calpesta i diritti umani. In un smile contesto, è comprensibile lo sbandamento della sinistra che per vincere a Roma si è affidata per due volte a Prodi, e per governare si è affidata prima a Letta e poi a Renzi e quindi a Gentiloni. In Molise si è seguita la stessa scia importando figure dal campo di Agramante che progressivamente hanno mutato geneticamente i tratti del centrosinistra brandendo il potere come una clava con modalità e metodiche simili se non peggiori di quelle della destra più retriva. Se in Italia l’ultimo Presidente del Consiglio di Sinistra è stato Massimo D’Alema tra il 1999 ed il 2000, in Molise ci fu un fuggi fuggi di dirigenti autorevoli di sinistra alle Primarie per la Presidenza della Regione del 2011. Con la tesi che senza i voti centristi si sarebbero perse le elezioni in tanti si affrettarono ad andare in soccorso dell’uomo della provvidenza portandogli in dote quel migliaio di voti in più che gli consentirono di vincere le primarie con una percentuale vicina al 40%. Su quel passaggio decisivo per le sorti del centrosinistra molisano è calato un silenzio tombale, sorprendendosi a distanza di anni che un uomo nato a destra, resti di destra e adotti scelte di destra, svuotando la politica e investendo sull’esercizio del potere. Dal punto di vista tattico quell’operazione politica fu un capolavoro che capovolse in 24 mesi la politica molisana, consegnando le principali amministrazioni locali e 3 parlamentari su quattro al centrosinistra, ma alla luce di ciò che è accaduto in Regione ne è valsa la pena ? Per la mia parte, pur avendo provato nel momento topico delle Primarie a fronteggiare un plateale errore di strategia politica, sono pronto a riconoscere che occorreva persistere nell’opposizione ad un disegno sbagliato anziché far prevalere il senso di responsabilità, lo spirito di servizio e l’unità del centrosinistra. Probabilmente una battaglia politica fatta dopo aver perso le Primarie non avrebbe sortito effetti, ma non averla combattuta è stato uno sbaglio di cui ho tratto le conseguenze solo a metà legislatura, pur di completare l’adozione di norme, atti e pianificazioni utili alla parte più debole del Molise. Senza una riflessione ampia sugli errori fatti in questi anni da parte di ciascuno di noi e da tutto il centrosinistra non si va da nessuna parte. Meglio tacere e fare un passo di lato !
Michele Petraroia