Le apprezzabili iniziative del Presidente del Consiglio tese a mettere in sicurezza, innovare, potenziare e rilanciare la scuola italiana si scontrano sul territorio con la sindrome fiorentina di Francesco Guicciardini sul prevalere del “particulare” sull’interesse generale. Per organizzare con efficienza il sistema scolastico necessita un Piano di Dimensionamento senza del quale è tecnicamente impossibile costruire l’anagrafe degli edifici adibiti a scuole così come previsto nel deliberato della Conferenza Unificata del 1° agosto 2013 e della legge n. 221/2012.
Senza il dimensionamento persiste il rischio che lo Stato continui a finanziare interventi su scuole destinate a chiudersi, con un dispendio di risorse irragionevoli al quale si è assistito per anni con progetti di adeguamento sismico, di innovazione digitale e di strutture di supporto che costituiscono un monumento all’ignavia. Come ho sottolineato nella nota del 12 febbraio scorso, le norme nazionali in materia di dimensionamento (legge n. 59/1997, legge n. 112/1998, DPR n. 233/1998, DPR n. 81/2009, Legge Costituzionale n. 3/2001, legge n. 15/2011, legge n. 128/2013, ecc.) assegnano funzioni che si sovrappongono e si intrecciano tra Comuni, Province, Regioni e Stato, attribuendo il ruolo più significativo di pianificazione alle Province in sede di Conferenza dei Sindaci. Le Regioni per vizio legislativo nazionale sono chiamate ad adottare i Piani di Dimensionamento con poteri del tutto marginali che espongono gli atti ad ogni impugnativa “particulare”. Basta un singolo ente locale, un gruppo di genitori o un qualsiasi soggetto portatore di interessi specifici, di campanile o di quartiere, che ricorre al TAR per bloccare il Piano Regionale di Dimensionamento e penalizzare le scuole. La nota esplicativa del Provveditorato agli Studi del Molise del 04 marzo scorso conferma che in caso di accoglimento dei ricorsi sul dimensionamento scolastico da parte del TAR non ci sarà nessun vincitore, si tornerà a n. 82 autonomie al posto delle n. 54 concordate con il Ministero, rimarranno n. 41 autonomie sottodimensionate senza dirigenti a tempo pieno, si perderanno posti di lavoro, non saranno assunti gli 11 dirigenti vincitori di concorso, si bloccheranno i trasferimenti del personale, si dovranno rifare le graduatorie, si rinvierà la costruzione dell’anagrafe degli edifici da mettere in sicurezza e l’anagrafe degli studenti, e si creeranno problemi di funzionalità e disservizi per 43mila studenti e 6.500 docenti, personale ATA, DSGA e dirigenti. Se si intende ripartire dalla scuola italiana come sostiene giustamente il Presidente del Consiglio bisogna mettere ordine nel settore e attribuire competenze legislative chiare alle Regioni altrimenti sarà impossibile pianificare interventi sistemici di innovazione, modernizzazione e messa in sicurezza.Il Ministero dell’Istruzione si faccia portatore di questa esigenza chiarificatrice ed appronti una proposta e/o Decreto Legge teso a definire in via preliminare chi governa la scuola italiana.Solo così gli eredi di Guicciardini che perseguono il loro interesse “particulare” potranno essere fermati.