Chi autorizza una struttura regionale a non attenersi ad un Deliberato assunto all’unanimità in Consiglio Regionale? Il 27 luglio dopo un confronto serrato è passata una Mozione a mia firma in cui si sollecitava l’adozione di un atto amministrativo con i nomi dei lavoratori di GAM, ITTIERRE e settore metalmeccanico ammessi a beneficiare degli strumenti per le politiche attive del lavoro riservati ai dipendenti delle imprese che hanno determinato il riconoscimento dell’Area di Crisi Industriale Complessa.
Sul punto la Giunta aveva assunto una Delibera il 30 novembre 2015 e la struttura dell’Assessorato al Lavoro aveva adottato una Determina il 18 dicembre 2015. In pratica venne costituito un gruppo tecnico composto dall’INPS, da Italia Lavoro, dal Centro per l’Impiego e dalla stessa struttura regionale, con il compito di stilare l’elenco nominativo degli addetti Ex-ITR, provenienti dal settore metalmeccanico e dai dipendenti della GAM compresi i n. 400 avventizi.
Si trattava di predisporre, nel giro di qualche settimana, i dati già in possesso della Regione Molise, dell’INPS e delle Province con i Centri per l’Impiego, attraverso la somma di tabulati ufficiali utilizzati dall’INPS per pagare la cassa integrazione, la mobilità o altri strumenti di tutela del reddito. La difficoltà poteva essere riferita ai dipendenti delle imprese dell’indotto tessile ed avicolo, e del settore metalmeccanico ma nulla di eccessivamente complicato. Sarebbe stato sufficiente accertare il nesso tra l’azienda terzista e l’ITTIERRE e la GAM, selezionando le aziende metalmeccaniche in crisi da Campochiaro a Venafro, attenendosi al Decreto MISE del 7 agosto 2015 per individuare anche questa parte minore di lavoratori da inserire nell’elenco degli aventi diritto.
Ebbene dopo 8 mesi il Consiglio Regionale, il 27 luglio, adotta una Delibera all’unanimità ed il 15 settembre viene assunta una Determina Dirigenziale, che come nel gioco dell’oca, fa tornare tutti alla casella di partenza. Viene approvato uno schema di domanda che ogni lavoratore dovrà presentare alle sedi INPS entro fine ottobre senza alcuna certezza di accedere a strumenti di ricollocazione lavorativa o sostegno al reddito, formazione, scivolo pensionistico o incentivi all’autoimpiego. “E il modo ancor m’offende” osava dire il Sommo Poeta di Firenze. Con che coraggio si chiede ai lavoratori della GAM e dell’ITTIERRE di inviare un modulo dove dichiarano di essere stati o di continuare ad essere dipendenti di quelle aziende? Perché accanirsi nell’arte di Tafazzi visto che basta una telefonata all’amministratore della GAM, nominato dalla Regione, per avere l’elenco nominativo dei n.300 dipendenti, e basta recarsi negli uffici dell’Assessorato al Lavoro per accedere agli elenchi ITTIERRE e delle altre imprese dei lavoratori collocati in mobilità.
Senza tali elenchi trasmessi sia alle Province e più precisamente ai Centri per l’Impiego e sia all’INPS non si sarebbe potuto procedere al pagamento della mobilità. Sono nomi che la Pubblica Amministrazione già ha registrati obbligatoriamente. Perché invertire la procedura e ricominciare da capo? E se un lavoratore GAM o ITTIERRE non presenta la domanda che succede? Lo si esclude dai benefici delle politiche attive?
In realtà il problema è rappresentato dal mancato finanziamento da parte del Governo degli strumenti di ricollocazione lavorativa per almeno 30 mila euro per ciascun addetto. Bisogna battersi a Roma per recuperare 90 milioni di euro nell’Accordo di Programma sull’Area di Crisi Industriale Complessa del Molise Interno, a parziale compensazione del taglio di 145 milioni di fondi strutturali europei effettuato a danno della nostra Regione.
Se non si parte dal presupposto che la lotta unitaria del territorio molisano per ottenere il riconoscimento dell’Area di Crisi Industriale serviva prioritariamente ad assicurare una risposta ai mille addetti diretti e n.600 dell’indotto dell’ITTIERRE e ai n.300 dipendenti più n.400 avventizi della GAM, tutto quello che si fa è un esercizio burocratico del tutto avulso dalla costruzione di una prospettiva di reimpiego per i lavoratori.
Infatti le manifestazioni d’interesse per le imprese viaggiano autonomamente, delle infrastrutture per migliorare la competitività territoriale ancora non se ne parla e le soluzioni industriali per il rilancio delle filiere del tessile e dell’avicolo nella migliore delle ipotesi non potranno che offrire opportunità concrete che ad un numero limitato di persone.
La battaglia da fare sul tavolo del Ministero dello Sviluppo Economico in queste ore, unendo sindacati locali e nazionali, organizzazioni imprenditoriali, comuni, province e regione, è quella di partire dall’emergenza dell’ITTIERRE e GAM per ottenere dal Governo il finanziamento delle Politiche Attive finalizzate a sostenere la ricollocazione lavorativa, il sostegno al reddito, il pensionamento o l’incentivo all’autoimpiego.
L’Area di Crisi non può essere derubricata a procedura burocratica ma è una priorità politica del Molise e va posta con forza nei confronti del Governo. Questa è la sfida che hanno condiviso al momento Stefano Fassina, Monica Gregori e Alfredo D’Attorre, che non sono molisani ma che hanno voluto presentare un’interrogazione parlamentare su cosa deve significare il riconoscimento dell’Area di Crisi Industriale Complessa del Molise.
O serve ad assicurare una risposta alla vita delle donne e degli uomini che hanno perso il lavoro e che tra qualche giorno vedranno concludersi anche il periodo di sostegno al reddito, come accadrà a centinaia di lavoratori ITTIERRE, o di che parliamo?
Si faccia chiarezza su una questione dirimente per il Molise e lo si faccia con la massima urgenza. I dipendenti GAM non possono ritrovarsi a ridosso del 4 novembre, quando scadrà la cassa integrazione straordinaria, senza sapere se effettivamente ci sono possibilità di proroga di un altro anno; e tra coloro che hanno più di 53 anni se non è più vantaggioso un biennio di mobilità retribuita a cui sommare un biennio di Naspi.
Occorre studiare le problematiche con rigore e individuare in questi giorni i percorsi da intraprendere per non ritrovarsi privi di tutele e di prospettive tra pochi mesi.
Michele Petraroia