È la conoscenza a sconfiggere la paura che spesso accompagna le patologie neurodegenerative. È da questo assunto che l’I.R.C.C.S. Neuromed ha promosso in occasione della Giornata Nazionale del Parkinson (28 novembre 2015), un convegno-dibattito dal titolo ‘Parkinson. Risvegliamo i nostri tremori’. L’incontro si è svolto in collaborazione con l’Istituto Mattei di Isernia ed è stato ospitato nell’Aula Magna dell’Itis. Specialisti del Centro per lo Studio e la Cura della Malattia di Parkinson dell’Istituto di Pozzilli, pazienti, famiglie e studenti hanno approfondito la conoscenza della malattia non solo dal punto di vista della ricerca e della medicina, ma anche con la testimonianza diretta di chi ci convive quotidianamente. Un dialogo tra generazioni, per rompere il muro dell’ignoranza.
“Abbiamo pensato a un percorso di informazione e di educazione alla conoscenza del Parkinson, che inizia dai giovani e con i giovani, perché crediamo fortemente nella capacità dei ragazzi di trasmettere messaggi positivi nella società. – spiega il dottor Nicola Modugno, responsabile del Centro per lo Studio e la Cura della Malattia di Parkinson Neuromed – Vorremmo che la distinzione netta tra persona “malata” e “non malata” venisse meno, perché riteniamo sia deleteria non solo per chi affronta in prima persona una patologia neurodegenerativa, ma anche per la società tutta che tenderà a emarginare chi appare diverso. Proprio come un malato di Parkinson che, per esempio, presenta un tremore evidente”.
“Ringrazio Neuromed e in particolare i pazienti che sono oggi qui perché per noi e per i ragazzi sono un esempio di forza e di coraggio. – ha poi detto la Maria Rosaria Vecchiarelli, Dirigente scolastico dell’Istituto scolastico – Uomini e donne che hanno reinventato la loro vita convivendo con il Parkinson. La scuola non deve curare solo la crescita cognitiva dei nostri ragazzi. La buona scuola è quella che parallelamente al processo conoscitivo cura gli aspetti relazionali, affettivi e emotivi che fanno parte del patrimonio umano dello studente. La buona scuola deve sensibilizzare e informare su tutti gli aspetti della vita umana, e la malattia ne è un momento rilevante”.
Ma la Giornata Nazionale del Parkinson vuole fare il punto anche sugli approcci terapeutici e di studio della patologia. Quest’anno in particolare l’attenzione si è focalizzata sull’importanza dello sport quale strumento utile al rallentamento della progressione della malattia, insieme alle terapie farmacologiche e fisioterapiche. “L’approccio classico al Parkinson, quello cioè basato solo sui farmaci, è ormai obsoleto e pieno di limiti. – spiega Modugno – Il team multidisciplinare sembra essere la scelta migliore. Neurologo, fisioterapista, psicologo, infermiere professionale devono accompagnare il paziente nel percorso di gestione della malattia. Secondo gli ultimi studi, inoltre, l’attività sportiva praticata dai parkinsoniani aiuta a migliore il risultato delle terapie. Lo sport, che favorisce la plasticità neuronale (l’adattamento del cervello, ndr), è un’arma in più che consente una gestione migliore della malattia per un tempo più lungo e con un conseguente rallentamento della sua progressione”.
Oltre alla cura in senso stretto, quindi, c’è una persona, una famiglia, una vita da riprogettare. È in questo momento che il ruolo dello psicologo diventa cruciale perché dovrà educare il paziente, assieme alla famiglia, a gestire il Parkinson. “Dopo il lavoro di accettazione della malattia, svolto sul paziente, vi è la famiglia. – afferma Mariano Fischetti, Psicologo I.R.C.C.S Neuromed – I caregivers, cioè le persone che di fatto assistono il malato, dovranno prendere coscienza sin dall’esordio della patologia e dei problemi collegati ad essa. Dovranno prendere atto che il malato dovrà sviluppare nuove abilità e ripensarsi in maniera del tutto diversa rispetto al giorno prima. La famiglia dovrà imparare ad affrontare giorno per giorno il Parkinson, così come il paziente impara di nuovo un movimento. Il malato di Parkinson spesso sviluppa patologie depressive, e di conseguenza anche il sistema famiglia sviluppa stress e ansia, collegati soprattutto al futuro. Lo psicoterapeuta supporta ogni singolo membro della famiglia perché ciascuno ha una prospezione personale del futuro, e ognuno dovrà riappropriarsi del proprio ruolo all’interno nel nucleo familiare”.