Come ogni anno Michele Raspa, mio caro amico e grande cultore dell’olio con una lista di 7/8 oli, fra i quali L’Olio di Flora, con uno subito sulla tavola del suo ospite, titolare del Ristorante di solo pesce “Marina” a San Salvo, mi regala la Guida “Osterie d’Italia”, dove, da sempre, è presente il suo ristorante. La Guida di Slow Food, sussidiario del mangiarbere all’italiana, riporta dei simboli come una bottiglia di vino per indicare che il locale ha una proposta articolata di vini (Marina ce l’ha e di livello, ma non ha il simbolo della guida), ma non c’è, però, alcun simbolo che indica l’olio extravergine di oliva che in questo ristorante da sempre è una scelta culturale. Una proposta di sette oli mediamente che è iniziata anni fa. Una premessa necessaria – prima di dire che il Molise c’è con 11 Ristoranti dei 1.707 locali consigliati – per ringraziare Michele del dono.
Entriamo nella Guida per scoprire gli 11 locali eletti dai giudici collaboratori esperti gastronomi:
– Da Filomena, la trattoria dove, quand’era un buco di bontà in una viuzza nel centro della città sannita, ho avuto modo di conoscere, per la prima volta, Filomena e di assaggiare gli orapi (spinaci selvatici) del Matese, come pure di regalare all’amico mio e del Molise, il grande disegnatore Ro Marcenaro e a sua moglie Augusta, l’agnello ciff’é ciaffe quale variazione sul tema di “Agnello cac’é ove” o “alla brace”.
Il Molise c’è con la zuppa di taccozze e fagioli e anche Bojano con i suoi fior di latte e la mitica Fruffola, a ricordare questo territorio vocato agli ortaggi con le sue acque a tenere il terreno sempre umido e le ombre dei monti del Matese.
Aciniello a Campobasso dietro al mercato coperto, con la Signora Maria che, con la sua cucina del tempo dei tratturi mi ha consolato spesso nel corso della mia esperienza di sei anni di consigliere regionale a Campobasso. Obbligatorio per me il piatto che non ho trovato altrove e che Maria con i suoi figli Christian e Raffaele, propone quotidianamente, “a treppucce d’agnello al pomodoro” e, poi, con le sue “pallotte cac’é ove”, i mitici “torcinelli”
La Grotta da Concetta, sempre a Campobasso, o, più semplicemente, “Da Concetta”, in via Larino, la mitica cuoca che ho avuto modo di conoscere per averne solo sentito parlare, a Milano, in occasione di una cena di gala al circolo della stampa di tanti anni fa, quando ho assaggiato per la prima volta i suoi piatti. E’ l’artista della semplicità che diventa concretezza di odori e di sapori. Fabio e Lucia, che hanno dato un tocco di novità anche con l’allargamento del locale con i muri in pietra viva, sono fedeli interpreti della tradizione anche perché Concetta è lì che vigila e controlla. Per quanto mi riguarda, quando vado (purtroppo sempre più di rado), ho imparato a non ordinare e l’attesa mi permette di cogliere l’emozione della sorpresa.
Da Nonna Rosa a Campomarino, dove in un spazio ristretto anche per la mole del proprietario, il pitiglianese Giuseppe Labbate, che propone, nonostante le sue origini marinare, una cucina di terra saporita, delicata, con i suoi ortaggi (carciofi, asparagi, cicorie e verdure di campo) e, anche, quando è filetto di manzo o di agnello alla brace. Per un pugliese verace non possono mancare le orecchiette che Giuseppe propone al ragù bianco di agnello come da antiche tradizione. Una buona cantina e ottimi oli extravergini di oliva.
Guado Cannavina a Capracotta. E’ un’azienda agrituristica che– è proprio il caso di dirlo – non ho mai “assaggiato”. La guida parla di un menù unico, ispirato dal pranzo della festa con un ricco antipasto che ha al centro la ricotta prodotta dall’azienda (un soffio di sapore se ricorda quella dei Paglione che ho avuto il piacere di gustare più volte), primi al tartufo e al ragù di agnello e di cinghiale; secondi a base di carni alla brace e scamorza arrosto e, per chiudere, un caciocavallo come da queste parti sanno fare.
L’Elfo, sempre a Capracotta, propone e in modo egregio una cucina all’insegna dei campi e della pastorizia, però, con un po’ di modernità, con il cuoco Michele Sozio e la moglie Franca che sanno intrattenere i graditi ospiti. Non mancano un piatto a base delle speciali lenticchie del comune più alto dell’Appennino, il tartufo e la pezzata che è la ragione di una festa grande i primi di agosto a prato gentile. Ricca la offerta di formaggi e di vini non solo regionali.
Da Adriano a Carovilli. Adriano è il proprietario, un vero personaggio che sa cogliere l’attenzione dei suoi ospiti. Se lo incontri una volta non lo dimentichi e questo succede anche per Bobo del ristorante Ribo di cui parleremo alla fine di questo percorso che dall’Alto Molise, come un tratturo, ci porta ad attraversare il Trigno e il Biferno per poi arrivare al mare di Termoli e di Campomarino. Pasta fatta in casa per assorbire sughi a base di cinghiale o tartufo, erbe spontanee. Agnello e carni per secondo e i formaggi, in particolare il caciocavallo.
Osteria del Borgo nella mia Larino, aperta non più di quattro anni fa da Assunta D’Ermes e Domenico Starinieri, e da subito punto di riferimento di chi vuole mangiare bene e vivere un’atmosfera di grande cordialità. Domenico trova nella passione per la cucina la sua capacità di creare piatti legati ai prodotti del territorio e dell’orto in particolare Una clientela affezionata a dimostrare il successo di questa piccola impresa che la sera illumina via Cluenzio. Fantasia di antipasti, primi tra i quali il piatto di cavatelli, grigliata di formaggi e di verdure. Olio Extravergine di oliva “Gentile di Larino” e vini delle Cantine D’Uva con poche altre proposte aggiuntive.
Osteria Dentro le Mura a Termoli che premia le bontà del mare con il pescato del giorno e i pesci minori dal ricco sapore, quasi sempre legato alla stagionalità. Notevole la proposta delle crudità con antipasti vari e interessanti tra i quali un brodetto di vongole. Davvero ottimi i primi (fusilli alla pescatrice e tagliolini allo scoglio), proposti da Antonio e Lina Terzano, affiancati da collaborati dalla grande cordialità. Una delicata frittura di pesce per chi vuole saltare il famoso Brodetto di pesce alla termolese. Buona la proposta di vini. E, per chiudere, la posizione speciale del locale, nel centro storico con la porta che fa entrare i tramonti.
Casale Rosa a Vinchiaturo in quel luogo magico che è Monteverde , specchio del Matese che è di fronte e si può ammirare dalla sala da pranzo. Agriturismo legato all’azienda zootecnica che la famiglia Felice gestisce dal 1964 anche con un punto vendita di salumi, latticini e formaggi di propria produzione. I Felice sono tutti lì ad accogliere gli ospiti ed a illustrare il menù. Un ricco antipasto che, oltre ai salumi e formaggi comprende anche coratella d’agnello, baccalà e polenta con tartufo. Carni alla brace e, anche, un pollo ruspante ripieno o un cosciotto d’agnello farcito. Una buona proposta di vini, prevalenti quelli regionali.
Ribo a Guglionesi chiude la pagina dedicata dalla guida al Molise con 11 locali selezionati. Rodolfo Vincenzi, detto Bobo, è uno straordinario personaggio che ti resta dentro e nessuno dei suoi ospiti dimentica per il suo modo di proporsi e il suo sorriso accattivante e, soprattutto, per il suo modo di interpretare il pescato e di trasformarlo in proposte spesso stupefacenti. Al suo fianco la moglie Rita. C’è il Ristorante, dove vale la pena andare rimettendosi nelle mani di Bobo, e, di fronte, camere per chi vuole restare e una bella Enoteca dove c’è tutto per dialogare e, se soli, per meditare.
Osterie d’Italia, guida 2016, che, come sopra scrivevo, riporta 11 locali del Molise, quasi tutti da me conosciuti e apprezzati. Ritengo, però, che il Molise abbia anche altri meritevoli di essere citati anche per dimostrare, con le buone osterie e i buoni ristoranti, la ricchezza della gastronomia regionale e il suo legame con la tradizione. Una tradizione che – come ho avuto modo di verificare in più di un’occasione, è ben presente nella mente e nell’opera dei maestri di cucina che formano i giovani molisani che vogliono diventare i cuochi di domani. Pasquale Di Lena