Molti dei sedici lavoratori immigrati morti nel recente tragico incidente di Foggia erano alle dipendenze di aziende molisane e ciò ha alzato il coperchio sullo sfruttamento di tanti proletari non solo in generale nelle campagne italiane da Nord a Sud , ma anche in quelle del Molise. Ricordiamo anche l’emblematica tragedia di anni or sono del lavoratore immigrato Gheorghe Radu abbandonato senza vita e morto sul lavoro nei pressi di Campomarino.
Proletari per di più di colore, spesso privati del permesso di soggiorno, obbligati a piegare la schiena sino a 12 ore al giorno al prezzo di due euro all’ora, ammassati in baraccopoli fatiscenti senza acqua e senza servizi, costretti a pagare il pizzo ai caporali che li reclutano e li trasportano sul luogo di lavoro, e nel caso delle donne persino favori sessuali. Un’infamia che non può lasciare indifferente anche il movimento di lotta anticapitalista nel Molise.
La verità è che tutti gli amministratori della società borghese e del suo Stato – passati e presenti – sono complici consapevoli del supersfruttamento nelle campagne. Buonisti con padroni e i capitalisti mafiosi, forcaioli contro i disperati e gli sfruttati. Salvini docet !
Tutti sanno da anni che le aziende della grande distribuzione alimentare e le imprese di trasformazione impongono prezzi stracciati agli agricoltori, che a loro volta si rifanno sui braccianti.
Ma la vicenda di Foggia che tocca anche gli sfruttatori del Molise, come già di Rosarno, dimostra che gli sfruttati si possono ribellare e organizzare. Gli scioperi e le manifestazioni che hanno visto sfilare migliaia di braccianti immigrati confermano che la questione dell’immigrazione non è solo un terreno di scontro culturale tra razzismo e solidarietà, come vorrebbe l’opinione borghese progressista. Può e deve essere anche terreno di lotta e autorganizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici direttamente coinvolti e in contrapposizione frontale ai padroni e al governo.
La parola d’ordine del permesso di soggiorno per tutti questi lavoratori migranti, anche nel Molise, diventa centrale per combattere la condizione di ricatto e di schiavitù favorita dalla legge Bossi Fini (e da tutti i governi dei padroni, da quelli PD e delle destre, sino al governo Salvini-Di Maio.
Perciò questa deve diventare una parola d’ordine dell’intero movimento operaio e sindacale, anche nel Molise, accompagnata da un piattaforma realmente alternativa: requisizione immediata e senza indennizzo delle proprietà di chi usa il caporalato; a pari lavoro, pari diritti; piena tutela contrattuale per tutti; reato penale per lo sfruttamento del lavoro nero.
Il controllo sul territorio, anche nel Molise, non può essere affidato a ispettori della Stato e prefetture, ma a comitati dei braccianti: sono loro a conoscere chi li sfrutta, sono loro che li possono denunciare.
Così va avanzata dal piano territoriale al piano più generale la rivendicazione dell’esproprio sotto il controllo dei lavoratori della grande produzione e distribuzione alimentare, l’unica misura che può troncare alla radice la catena dello sfruttamento e il caporalato di ogni natura. Ed è evidente che solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, che rompa con il capitalismo, potrà realizzare queste misure elementari.
Non c’è ripresa di una opposizione di classe e di massa senza coinvolgere l’organizzazione di classe dei proletari immigrati, senza assumere le rivendicazioni di classe degli immigrati come parte di una piattaforma generale di mobilitazione. Anche dal Molise la sinistra politica sindacale e sociale deve impegnarsi in questa direzione.
Il PCL porterà questa istanza elementare in tutte le manifestazioni antirazziste, in contrapposizione al governo Salvini-Di Maio, e alla passività della burocrazia sindacale.
P.C.L. – SEZIONE DEL MOLISE