Nelle operazioni di polizia, le forze armate si avvalgono spesso di agenti che hanno il compito di camuffarsi ed incastrare gli autori dei reati. Chi svolge questo ruolo è definito “agente provocatore” e ha il compito, appunto, di partecipare ad un fatto di reato al (solo) scopo di consentire la scoperta e la punizione dei responsabili. Un poliziotto, ad esempio, potrebbe aggregarsi ad una banda di rapinatori per poi coglierli in flagranza o fingersi tossicodipendente per incastrare lo spacciatore. Il problema, visto che egli stesso si trova invischiato in fatti che configurano reato, è capire qual è la disciplina che regola la sua funzione e quali sono i limiti entro i quali deve muoversi e che deve rispettare per non trovarsi, a sua volta, imputato in un processo penale.
A tutelare il lavoro degli agenti provocatori intervengono, in particolare, l’articolo 51 del codice penale e 55 del codice di procedura penale; il primo prevede l’adempimento del dovere come scriminante, mentre il secondo prevede l’obbligo, a carico della polizia giudiziaria, di impedire che i reati vengano portati a conseguenze ulteriori e di ricercarne gli autori cristallizzando le prove.
Tutto ciò, però, ha un limite!
Se così non fosse l’agente potrebbe essere giustificato anche laddove commetta dei reati adducendo, a propria giustificazione, il ruolo di “provocatore”.
La scriminante dell’adempimento del dovere, infatti, opera solo nel caso in cui l’agente abbia assunto un ruolo marginale nella ideazione e nell’esecuzione del reato. Al contrario, laddove abbia partecipato attivamente alla consumazione del reato, la sua responsabilità sarebbe piena ed egli verrebbe (co)imputato con gli altri autori del reato.
Questo assunto è stato specificato, in materia di droga, anche da alcune leggi speciali.
L’art. 9 della legge n.° 146/2006, a seguito della legge n.° 136/2010 (Piano Straordinario Contro le Mafie),ha stabilito tre limiti all’operato dell’agente che operi un acquisto simulato di droga:
– che l’agente sia addetto alle unità specializzate antidroga;
– che la sua azione si circoscritta alla prevenzione dei soli delitti previsti dal testo unico in materia di droga (D. P. R. 309/90);
– che vi sia stata una preventiva programmazione dell’operato in esecuzione di operazioni anticrimine disposte dalla Direzione Investigativa Antimafia.
Analoga disciplina opera a favore dell’infiltrato, figura affine a quella dell’agente accertatore, che ha il compito di infiltrarsie di sgominare le organizzazioni criminali di stampo mafioso (artt. 416 e 416-bis). Anche in questo caso la condotta degli agenti, entro i limiti, sarà giustificata.
Avv. Silvio Tolesino
Operazioni di Polizia “Undercovered”: poteri e limiti degli agenti infiltrati
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