(Adnkronos) – “Avevamo paura” di Moussa Sangare. “Dicevo a mio marito e mio figlio di stare alla larga da lui. È un anno che denuncio, ho chiamato sindaco, assistenti sociali e carabinieri”, ma “qua deve succedere il fatto perché qualcuno intervenga”. A sfogarsi con i giornalisti appostati fuori dalla casa di Suisio in cui viveva il 31enne fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni, accoltellata nella notte tra il 29 e il 30 luglio, è Clotilda, che da sette anni vive sotto la famiglia Sangare. “Alle tre di notte sentivo le botte, sembrava che venisse giù il soffitto”, dice la donna, descrivendo Sangare come “una persona con rabbia accumulata, che nel subconscio ha il male. Non era gentile, era fuori di sé”. Per questo la vicina invita a non far passare l’omicidio di Sharon Verzeni “come un raptus, perché lui ha fatto violenza alla sua famiglia”. La donna riferisce anche che Sangare avrebbe “incendiato casa sua. C’era fumo” . E poi “stava qua strafatto, dovevo passargli sopra. Entrava” nella casa del pianterreno occupata dopo la denuncia per maltrattamenti da mamma e sorella “dalla finestra. Lo trovavamo qua di notte alle tre o alle quattro”. Una situazione che “tutti sapevano”, secondo la donna, che osserva come al posto di Verzeni “potevo essere io o mio figlio”. Nuovi cartelli e nuovi mazzi di fiori adornano il luogo in via Castegnate, dove è stata uccisa Sharon. All’indomani del fermo di Moussa Sangare, che ha confessato l’omicidio, sulla scena del crimine è stato affisso il cartello “Giustizia è fatta”. Sotto è comparsa anche una grande composizione floreale con rose bianche. A portarla – a quanto riferiscono alcune persone che hanno assistito alla scena – è stato di prima mattina Sergio Ruocco, il compagno della vittima, che poi si è intrattenuto in paese per un giro. Tra i tanti biglietti e lettere attaccati al muro di via Castegnate da oggi c’è anche quella di una donna che si chiede come il 31enne abbia potuto colpire senza motivo. “Come si può fare una cosa del genere?”. Quindi l’auspicio – lo stesso formulato ieri anche dalla famiglia della vittima – che la morte di Sharon “non sia stata vana”. Sollievo per il fermo di Moussa Sangare, il 31enne reo confesso dell’omicidio di Sharon Verzeni, ma anche lo choc per un crimine senza apparente motivo, di cui poteva restare vittima ognuno degli abitanti di Terno d’Isola: questi i sentimenti prevalenti nel paese della Bergamasca, all’indomani della svolta che ha portato in carcere il presunto assassino. “Almeno sanno chi è e non è di Terno, dopo tutto quello che si è detto sulla gente di qui”, mormora la panettiera del paese. Di “sollievo” parlano esplicitamente i pensionati che affollano le panchine di piazza VII Martiri, dove – denunciano i residenti – con il progressivo diminuire di troupe televisive e forze dell’ordine “stanno tornando anche gli spacciatori”. Un ritorno alla normalità, testimoniato anche dal ritorno di passanti ieri sera per le strade del paese. “Prima la gente aveva paura di uscire, c’era chi stava chiuso in casa, soprattutto le donne”, spiegano in piazza. Una paura fondata, stando a quanto emerso fino a ora sull’omicidio di Verzeni. Sangare “ha colpito lei, ma poteva essere chiunque”, viene sottolineato. “Noi abbiamo sempre pensato che non fosse un delitto passionale, perché Sharon era così timida. Veniva qui, prendeva caffè e brioche e andava via. Pensavamo a uno scambio di persona”, confessa una dipendente della pasticceria. “Invece così è assurdo, poteva capitare a chiunque”. Il pensiero del rischio scampato però viene subito scacciato via, “altrimenti non si vive più…”. La preoccupazione è che il 31enne ora “la paghi davvero”. “Ho sentito parlare in queste ore di ‘raptus improvviso’, di ‘scatto d’ira’ e assenza di premeditazione”, scrive intanto in una nota il legale della famiglia Verzeni Luigi Scudieri, facendo notare “tuttavia che, stando alle informazioni rese pubbliche ieri, il signor Moussa Sangare sarebbe uscito dalla propria casa di Suisio con ben quattro coltelli di significative dimensioni e prima di uccidere Sharon a Terno d’Isola ha avuto tutto il tempo di minacciare anche altre due persone”. Quindi l’appello ai due ragazzini che sarebbero stati minacciati da Sangare, che – scrive l’avvocato – “farebbero bene a farsi avanti”. Infine una considerazione sui dubbi, sollevati dal legale del 31enne, sulla salute mentale del suo assistito. “Mi ha molto stupito, inoltre, che si sia parlato di ‘verosimile incapacità’ subito dopo il fermo, prima ancora di un esame completo di tutti gli atti di indagine e del pieno completamento degli accertamenti investigativi”. (dall’inviata Alice Bellincioni) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Omicidio Sharon Verzeni, la vicina di Sangare: “Avevamo paura di lui”
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