Leggo su Olimerca, un sito spagnolo tutto dedicato all’olio, il rischio che corre il nostro olio extravergine di oliva con l’entrata in campo degli “oli designer”, cioè “progettati” in modo tale da riprodurre pari pario i benefici apportati alla salute dell’olio extravergine di oliva a un costo nettamente inferiore. Questi “oli designer” sono destinati a invadere e condizionare il mercato globale, a scapito del consumatore che non ha in cambio i benefici che solo l’olio extravergine di oliva può dare.
Ci dobbiamo chiedere cosa può pensare un consumatore dell’offerta di un olio di mais o di colza e di oliva insieme (vedi etichetta e contro etichetta della bottiglia di plastica) a un prezzo irrisorio o, anche la scritta “colosterol free” e di altre indicazione che esaltano il prodotto. Soprattutto un consumatore non dell’area del Mediterranea ma di cultura anglosassone.
Un campanello d’allarme per il mondo dell’olio extravergine di oliva, proprio nel momento in cui si stanno aprendo nuove strade per questo nostro prodotto, filo conduttore di quel mangiare mediterraneo che ci appartiene. Ho avuto modo, leggendo questo e altri giornali spagnoli, di capire l’impegno che la Spagna sta mettendo in campo con un’attenta strategia di marketing che guarda ai più importanti mercati del mondo. L’Italia ancora una volta arriva tardi e ci arriva con le solite proposte di un piano approvato dalle organizzazioni associative e consortili, che, poi, vuol dire dalle organizzazioni professionali, che è, come sempre, più una spartizione di risorse che un progetto di comunicazione e valorizzazione dell’olio extravergine di oliva.
Mi dispiace dirlo ma è così. Uno spettacolo già visto che non entusiasma più, anzi preoccupa. A pensare che ci sono mille cose possibili da fare con tutto il materiale a disposizione riguardante il territorio dei tanti territori olivicoli italiani e cioè storia, cultura, paesaggio, ambiente, tradizioni! Ma, anche e soprattutto, risultati importanti della ricerca medica che la gran parte degli atenei sono in grado di offrire con il contributo di altri enti e istituzioni, in primo luogo l’Accademia Italiana dell’olivo e dell’olio.
La cultura dell’olivo e dell’olio deve diventare il filo conduttore di quella strategia di marketing che ha certamente bisogno di risorse, non da sprecare, ma da spendere con progetti che devono avere una durata almeno di tre anni, necessari per capire le potenzialità del mercato scelto, le correzioni da apportare nel momento in cui si ha la certezza della raccolta.
Ciò è possibile solo se la filiera si apre al dialogo ed alla voglia di stare insieme per utilizzare ogni chicco di oliva e ogni goccia d’olio nell’opera di conquista del consumatore, sia nuovo che già abituato al nostro olio extravergine.
I concorrenti, come dice Olimerca, non stanno a guardare, anzi sono già in azione.