E’ stata pubblicata sul BURM la proposta di legge regionale n.161 concernente “Norme per l’elezione del Consiglio e del Presidente della Giunta Regionale”; si tratta dello strumento che regolerà le prossime elezioni regionali, di fatto stabilendo la prossima forma di governo in Molise. La legge nasce dalla sintesi di ben quattro proposte, che peraltro avevano diversi punti in comune e pochi elementi distintivi. Tutta la discussione politica delle ultime settimane verteva sui tre punti cardine: definizione dei collegi, l’eliminazione del cosiddetto listino maggioritario (che nell’accezione popolare era diventato “gratta e vinci”) e l’abolizione del voto disgiunto. Come noto il Consiglio regionale alla fine ha optato per il collegio unico regionale, passando attraverso l’ipotetica revisione di posizione da parte del presidente della Giunta regionale, che aveva fatto dietro front rispetto alla sua ipotesi iniziale, appunto il collegio unico, a suo dire per dovere d’ascolto nei confronti del suo partito. Il PD, come noto, si era espresso territorialmente per almeno due collegi, ad Isernia, ma la parte basso molisana di collegi ne voleva addirittura tre, che poi sarebbero stati molto probabilmente i più piccoli in Italia. Si potrebbe malignare, dicendo che Frattura ha fatto dietro front sapendo che sarebbe comunque passata la proposta del collegio unico; e, come diceva Andreotti, a pensar male a volte s’indovina la verità dei fatti. Trovo la decisione saggia, perché in linea con il mandato ricevuto dal popolo, che non è limitato territorialmente alla provincia o parte di essa. E’ stato anche eliminato il listino maggioritario; in questo caso non si registravano tante voci contrarie, ma una considerazione ‘tecnica’ di fondo e cioè che il listino rappresentava il differenziale per garantire la maggioranza in Consiglio anche senza arrivare al 50% dei consensi effettivi. Abolirlo è stato visto come una concessione alla volontà popolare e comunque si dovrà prevedere una rimodulazione dei criteri di assegnazione dei seggi, che saranno solo di tipo proporzionale. Il listino, secondo me, è stato per anni lo ‘scandalo’, o meglio la negazione della rappresentanza politica, perché ha permesso l’ingresso in Consiglio regionale a candidati di fatto non eletti da nessuno, i cui nomi neanche comparivano sulla scheda elettorale. Vedo la scelta di depennarlo dalle ipotesi di voto come un fatto di giustizia. Infine l’argomento probabilmente più contrastato: l’abolizione o meno del voto disgiunto. In questo caso si sono scontrate due tesi: la prima, che voleva l’abolizione, si richiamava al rischio diffuso di scambi e accordi sotterranei di voti, che con la preferenza disgiunta per consigliere e presidente ha reali possibilità di concretizzarsi; dall’altra parte chi considerava il voto ‘congiunto’ una forzatura tale da limitare la libertà di scelta dell’elettore, il quale, una volta votato il consigliere di riferimento avrebbe visto automaticamente ‘riversato’ il voto anche sul presidente collegato, senza potere di fatto scegliere proprio sul voto più importante e significativo tra i due. Il Consiglio regionale, secondo me sbagliando, ha deciso di abolire il voto disgiunto. Altri punti salienti sono: l’attribuzione di un premio di maggioranza alla coalizione il cui candidato presidente ha ottenuto più voti e due soglie di sbarramento per avere rappresentanza in Consiglio regionale (10 per cento per le coalizioni e 3 per cento per le singole liste). Anche sulla necessità di garantire la rappresentanza di genere si era dibattuto molto; alla fine i consiglieri di palazzo D’Aimmo hanno deciso che gli esponenti di un sesso non possono superare il 60 per cento del totale dei candidati di una lista; gli elettori molisani potranno esprimere due voti di preferenza diversificati per genere. E ancora: per la Regione Molise è stata sancita l’incompatibilità tra la carica di assessore e quella di consigliere regionale. Sancita anche l’esenzione dalla raccolta delle firme per la presentazione delle liste di candidati consiglieri regionali per quei movimenti o partiti politici rappresentati nel Parlamento italiano o nel Parlamento europeo, ovvero per coloro i quali hanno già avuto eletti nell’attuale Assemblea regionale; il punto è, secondo me controverso, perché applicato in deroga all’art.9 della legge 108/1968 e non so sinceramente se si possa fare. Stabilita anche la regolamentazione delle condizioni d’ineleggibilità e incompatibilità per l’elezione a consigliere e presidente della Giunta. Spiegate le regole, restano i dubbi, uno in particolare. Il Consiglio regionale ha stabilito che la lista di coalizione che avesse diritto a più di dieci consiglieri eletti si vedrà decurtare il numero eccedente, fino ad un massimo di due seggi, a vantaggio delle liste che abbiano raggiunto il quoziente o i resti e non abbiano rappresentanza; un riequilibrio che non specifica cosa fare se il partito con più di 10 consiglieri sia un partito non inserito in logiche di coalizioni. Siamo sempre nel campo del ‘pensar male’ e aggiungo: se il Movimento 5 Stelle dovesse vincere le elezioni ed avere diritto a 12 consiglieri, si procederà all’elezione del monocolore o si attuerà la riduzione del seggi fino al numero massimo di dieci? Sarà bene chiarire il ‘caso’ per non far insorgere il sospetto che ci siano ‘trucchetti’ per impedirne in ogni caso la vittoria.
Stefano Manocchio