Musacchio: mi voglio rivolgere a tutti i giovani dicendo loro di amare la verità e di cercare di fare sempre il proprio dovere

Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarsi. Sono le meravigliose parole di Rita Atria, la “picciridda” di Paolo Borsellino. Nella nuova avventura della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” voglio rimarcarle come un monito per tutti noi e mi voglio rivolgere ancora una volta a tutti i giovani dicendo loro di amare la verità e di cercare di fare sempre il proprio dovere anche se non facendolo forse si ha la vita più facile. Lottate per quello in cui credete anche se questo vi costa: alla fine conviene sempre. Probabilmente molti di voi mi daranno dell’utopista ma vi assicuro che non è così. Certamente nella mia vita ho perduto tante battaglie, ma ho sempre provato con tutte le mie forze a vincere la battaglia più importante: quella che inizio ogni mattina quando guardo il viso di mia figlia che ha sei anni e mi chiedo se sto facendo qualcosa di utile per il suo futuro. Le ho inculcato dalla nascita il valore della verità e spero tanto che questo la aiuti nel difficile cammino della vita. Sono stato eternamente convinto che l’importante non sia vincere, ma impegnarsi al massimo nella consapevolezza di aver fatto il proprio dovere. Tutto quello che sto facendo con la Scuola di Legalità oggi e che ho fatto da oltre venti anni, l’ho sempre fatto pensando ad un futuro migliore per le nuove generazioni. Vi assicuro che sono tante le delusioni che hanno inciso la mia pelle e non nascondo che molte volte ho pensato di fuggire all’estero ma poi ho pensato a tutti coloro che hanno donato la loro vita per dare a me e alla mia generazione un futuro migliore e allora mi sono detto: non fuggirò perché sento nel mio cuore che il mio posto, il mio futuro, la mia vita sono qui nella mia terra, accanto ai giovani con i quali mi sento felice e a mio agio. Lo devo al mio maestro Antonino Caponnetto, ai nostri morti, a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, a Peppino Impastato a Pippo Fava, a don Peppe Diana, a don Pino Puglisi e tantissimi altri martiri, ma soprattutto lo devo a me stesso e a mia figlia che ho fortemente voluto mettere al mondo. Cari ragazzi, proviamo a non girarci dall’altra parte davanti a un sopruso. Proviamo a cambiare noi per primi non dando linfa vitale alle mafie. La mafia è tra noi ogni giorno, proviamo a non chiudere gli occhi!

Ricordo di Paolo Borsellino

Sono nato, vivo e lavoro lontano dalla Sicilia ma mi sento profondamente e intimamente siciliano e come molti di loro credo che il giorno in cui la mafia sarà vinta sia ancora lontano. Scrutando nei miei ricordi, tuttavia, mi ritornano in mente proprio le parole di Paolo Borsellino che, invece, nel suo incantevole ottimismo sosteneva con convinzione che “cosa nostra” fosse destinata ad una inesorabile sconfitta. Allora mi convinco che discutere di mafia, anzi, il solo fatto di nominarla, costituisca il primo ineludibile strumento per combatterla e provare a sconfiggerla: questa era la grande convinzione di Borsellino. Con la nostra Scuola di Legalità da anni ci impegnammo affinché questa sua idea si possa un giorno realizzare.
A tal proposito non dobbiamo mai dimenticare che siamo noi cittadini ad avere in mano l’arma vincente, perché l’assordante silenzio sul fenomeno mafioso nei programmi elettorali e di governo mi induce a ritenere che si stia facendo un passo indietro rispetto alle previsioni formulate da Falcone e Borsellino. La lotta alla mafia rappresenta oggi una sterile “postilla espressiva” da inserire nei discorsi propagandistici ed il contrasto ai poteri criminali non è più inteso come massimo impegno dello Stato e della comunità nella sua interezza, ma solo come attività demandata all’esclusivo ed encomiabile coinvolgimento di poche associazioni e cittadini isolati dal resto della società e delle istituzioni. Pur non avendolo mai potuto conoscere personalmente (ebbi solo la fortuna di potergli stringere la mano), di lui mi parlava Antonino Caponnetto soffermandosi spesso su una delle caratteristiche del suo essere: la bontà d’animo. Lui definiva il “suo” Paolo (Caponnetto considerava Falcone e Borsellino suoi figli) un puro d’animo, un uomo di ammirevole onestà e di grande integrità morale, una persona che viveva una vita semplice e trasparente e che si schierava subito a fianco di chi aveva subito un’ingiustizia. Rita Atria, testimone di giustizia, che tutti chiamavano la “picciridda” di Paolo Borsellino, prima di togliersi la vita ebbe a dire di lui: “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta”.

Questo era il valore di Paolo Borsellino e con le parole di Rita mi piace ricordarlo ma, a ventiquattro anni dal suo assassinio, pretenderei semplicemente un po’ di giustizia e di verità sui veri mandanti di quella ignobile strage.

(Vincenzo Musacchio, giurista e direttore scientifico della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise).

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