Che il lavoro rappresenti in assoluto l’emergenza di questo nostro malandato Molise è ormai una nenia ricorrente. Problemi gravissimi e profondi sono vissuti dalla Gam, dalla Ittierre, dallo Zuccherificio del Molise, dai Cantieri Navali di Termoli e da tantissime altre realtà che stanno chiudendo i battenti o che li hanno già chiusi. In questo quadro drammatico, i lavoratori e le lavoratrici sono sempre più soli, e ormai collocati tra gli “invisibili” a livello sociale. Perché oggi se chiude una fabbrica ormai non si mobilita più nessuna reazione collettiva, come avveniva una volta, forse tanto tempo fa. C’è un unanime consenso sul fatto che molte fabbriche ed aziende molisane dovrebbero, e a mio avviso potrebbero, essere ancora uno dei principali motori della ripresa (penso solo come piccolo esempio alla Gam e allo Zuccherificio).
Soprattutto per una regione come la nostra dove agricoltura, allevamento e manifattura, assieme creatività e conoscenza definiscono il tratto identitario riconosciuto in tutto il mondo e potrebbero essere una leva importante per determinare una ripartenza economica del nostro territorio. Eppure tutto questo sembra contare poco o nulla. Perlomeno non abbastanza. È vero che per la prima volta da diversi anni molte risorse sono venute meno o sono state tagliate. Invertire la tendenza non sarà facile ma occorre provarci e farlo con tutte le nostre forze. La nostra piccola regione non riuscirà mai a fare “impresa” intesa come motore dello sviluppo senza un vero riconoscimento sociale di coloro che sono i veri artefici di questo sviluppo: gli operai. Tutti casi in cui la dignità di queste persone e il valore sociale del lavoro non sono riconosciuti, a mio avviso, si realizzano dei veri e propri sfregi a quell’ormai dimenticato art. 1 della nostra Carta Costituzionale. Deve partire dal valore degli operai l’idea di dare vita ad un vero tavolo delle idee dando voce e visibilità alle tante storie di chi lavora in questi settori, apparentemente in crisi, per permettere, all’opinione pubblica tutta, di capire cosa significhi perdere un posto di lavoro e per provare ad impegnarsi tutti insieme per cercare di stare vicini a chi lo ha perso fornendo idee e progetti seri allo scopo di evitare che questo accada. Forse sono solo parole le mie (ma posso assicurare che sono profondamente sentite) ma io sono intensamente convinto che gli operai non vogliono sussidi o essere mantenuti dallo Stato o dalla Regione ma vogliono soltanto poter lavorare. Questa volta ha ragione Frattura quando dice che la Regione non può fare impresa! La Regione, ha un solo compito fondamentale in questo momento: coinvolgere tutti per provare a individuare soluzioni idonee per evitare il baratro.
(Vincenzo Musacchio)