Nell’ormai lontano 2001 prendeva corpo il progetto dell’acquedotto molisano centrale; un’infrastruttura strategica di preminente interesse nazionale e di prioritario interesse regionale che avrebbe dovuto captare le acque sorgive provenienti dai monti del Matese per soddisfare il fabbisogno idropotabile, l’acqua da bere, di migliaia di cittadini residenti in 11 paesi del Basso Molise. Ad oggi, 2015, le utenze di questo territorio risultano ancora servite da acqua proveniente dal potabilizzatore della diga del Liscione, invaso che raccoglie le acque fluviali del Biferno. Questo perché, rispettando la ferrea tradizione tutta italiana del MAI FINITO, nella fase di esecuzione dell’opera, secondo quanto riportato dalla Direzione Generale della Giunta Area IV – Servizio Idrico Integrato di Regione Molise-, si sono rivelate criticità che hanno comportato il blocco dei lavori e l’instaurazione del contezioso fra stazione appaltante e impresa, sfociato nella rescissione contrattuale. E dire che la realizzazione dell’opera pubblica avrebbe recepito meritoriamente, e in largo anticipo, le richieste della Comunità internazionale e aderito alla risoluzione ONU della General Assembly, nella quale viene sancito il “diritto all’acqua potabile e sicura ed ai servizi igienici come diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani”.
A beneficio di tutti si rammenta che l’acquedotto molisano centrale, investimento pubblico di circa 100 milioni di euro, grazie alla spinta dell’alimentazione a caduta, ovvero per la semplice legge di gravità, avrebbe fornito acqua potabile di ottima qualità agli abitanti degli undici paesi di Guardialfiera, Guglionesi, S. Giacomo degli Schiavoni, Montenero di Bisaccia, Petacciato, Larino, Ururi, San Martino in Pensilis, Portocannone, Termoli e Campomarino, localizzati nella bassa valle del Biferno in zona costiera e sub costiera.
Nell’attesa che il progetto venga ultimato, paradossalmente ad oggi lo stato di avanzamento dei lavori è arrivato a 94,46 punti percentuali, tutti i comuni interessati continuano ad approvvigionarsi di risorse idriche provenienti dal potabilizzatore della diga di Ponte Liscione, che con preoccupante frequenza fa riscontrare alterazioni di quei parametri normativi, atti ad assicurare acque di buona qualità in uscita dal trattamento di potabilizzazione. In particolare, furono riscontrati dei superamenti dei limiti di legge per alcuni sottoprodotti derivanti dall’utilizzo del cloro, sia in pre che in post disinfezione. È ancora ben vivo il terribile ricordo della moria di pesci, circa 2 tonnellate, rimossi dal Corpo Forestale nel novembre del 2010.
Ma il più frequente e preoccupante è lo sforamento dei parametri limite dei trialometani, composti chimici altamente dannosi per l’ambiente e per l’atmosfera, e in molti casi fortemente cancerogeni.
In questi anni tali composti sono arrivati a toccare e superare valori di 79 microgrammi per litro, rendendo così, in più occasioni inservibile il prezioso bene, e senza dimenticare l’inquietante rilevamento dei batteri fecali, probabili veicoli di malattie tipo salmonella, colera, tifo e tutte quelle patologie a trasmissione “orofecale”, e che conferiscono alle acque potabili del territorio quell’inconfondibile sapore di merda.
Stanchi di aspettare le calende greche della politica molisana, invero già sollecita sulla questione con una interrogazione depositata il 5 giugno scorso e con un altro atto ispettivo a firma di un consigliere di minoranza del centro destra, al quale l’assessore ai lavori pubblici rispose pedissequamente, limitandosi a leggere un cronoprogramma degli eventi in merito alle problematiche sorte dall’esecuzione del progetto a firma del Responsabile unico del procedimento, abbiamo ritenuto opportuno portare l’annosa questione direttamente in Parlamento, coinvolgendo l’onorevole Daniele Del Grosso del Movimento 5 Stelle.
Il deputato abruzzese si è reso disponibilissimo a raccogliere la nostra istanza e depositerà nei prossimi giorni un’interrogazione parlamentare in cui si chiede al Governo e ai ministri competenti quali azioni intendano intraprendere per assicurare una celere ripresa dei lavori e garantire un termine certo della loro realizzazione. Inoltre, se il Governo non ritenga opportuno predisporre le misure necessarie al fine di comprendere a fondo le motivazioni alla base dei ritardi maturati nell’esecuzione dell’opera, accertando le responsabilità e il relativo incremento dei costi legati al suddetto ritardo.
Il Basso Molise non vuole e non può aspettare di vedere realizzata un’opera fondamentale per la fruibilità di un bene prezioso e importante per la salute dei suoi abitanti, restituendo a costoro quel diritto all’acqua potabile di ottima qualità di cui sono stati ingiustamente privati da troppo tempo.