L’incoscienza di chi governa sta nelle decisioni prese senza rendersi conto delle conseguenze. L’esempio dell’azzeramento delle Province o del loro ridimensionamento, dà il segno dell’improvvisazione e dei rischi che corre l’assetto istituzionale, in mancanza di una serie analisi e un’altrettanta seria riflessione sugli aggiornamenti da apportare per rilanciare il ruolo fondamentale di ogni istituzione in uno più stretto rapporto tra le stesse. Quella del cuci e scuci è la peggiore operazione che si possa fare, soprattutto quando non si tiene conto del quadro generale. Ce lo dice proprio questa operazione smantellamento province quando, dopo aver messo in moto azioni che hanno impegnato gli amministratori in carica, impaurito i dipendenti e bloccato le iniziative programmate da ognuna delle istituzioni coinvolte, fa capire che si è perso solo tempo e creato tanta di quella confusione che ha portato ancor più a peggiorare la situazione.
Di queste riforme non ha bisogno un Paese che, a conclusione di un anno fatto solo di annunci o di scelte sconsiderate come quelle sopra riportata, non sa come deve sbarcare il lunario e, c’è di più, con un nuovo anno che, a meno di dici giorni dal suo inizio, parte con dati allarmanti riguardanti il reddito, il Pil e l’occupazione (quasi il 15% dei disoccupati, che è il dato record registrato dal dopoguerra, con il 44% dei giovani senza lavoro). Una lievitazione pericolosa quella della situazione sempre più precaria del lavoro, che va ad aggiungersi alla precarietà delle aree interne e del meridione, soprattutto del territorio delle stesse, che, grazie a politiche scellerate, continua a registrare la riduzione della sua superficie, con quella che resta in gran parte inquinato. Politiche o provvedimenti come Sblocca Italia che, ancor più del passato, favoriscono solo gli speculatori e i pochi ricchi sempre più ricchi
Dentro questo quadro l’iniziativa di chi dice che il Molise non esiste (No) o, anche, di chi, invece, è convinto che c’è (Sì) ed è, però, altrettanto convinto che non serve ed è meglio riagganciarlo all’Abruzzo. La gran parte di questi sostenitori di un sano e utile (secondo loro) ripensamento giustificano questa necessità dando la colpa alla classe politica molisana, di ieri e di oggi, per le sue incapacità. C’è da credere che i convinti della bontà di un ritorno a braccetto con l’Abruzzo non conoscono o fanno finta di non sapere dei problemi che hanno colpito, nel recente passato, i vertici delle istituzioni e i rappresentanti della politica abruzzese. Altro che incapacità!
Una motivazione, quindi, che non ha senso così come posta. Se il destino amaro delle aree interne considerate fosse tutto da addebitare alla separazione che ha portato alla nascita del Molise nel Novembre del 1963, non staremmo a parlare della pesante crisi e del sistema che ha fallito quando ha considerato “sottosviluppate”, “arretrate”, non solo l’Altosannio, ma tutte le aree interne, il sud e le isole, con l’aggiunta dell’abbandono culturale e politico dell’agricoltura. Ultimamente, non più “sottosviluppate” o “arretrate”, ma “ma “marginalizzate”, come dire che hanno addolcito la pillola perché, vedi il discorso avviato su l’Appennino, stanno lavorando, in mancanza di altro, per un loro sfruttamento. Ne hanno estremo bisogno!
Sono, l’Appennino e le regioni del sud e delle isole, le uniche aree rimaste e, come tali, fanno gola agli speculatori, alle mafie e a quanti hanno interesse di coprirle con pali eolici, biomasse, discariche, pezzi di autostrade, industrie pericolose, approfittando di una classe politica e dirigente troppo distratta da altri pensieri, cioè che pensa più al proprio tornaconto e alla propria sopravvivenza politico/amministrativa che al bene comune.
Ecco perché non sono fantasie i dati dello Svimez, quando, dopo aver dato un quadro drammatico della situazione con 600mila posti di lavoro persi e il raddoppio delle famiglie povere, parla, se non si attivano politiche per rilanciare il meridione e non deprimerlo ulteriormente, di un esodo di 5milioni di persone nei prossimi anni. Non so chi lo diceva, ma è una sacrosanta verità, l’Italia è il Meridione.
Ascoltare questi dati porta subito a pensare all’annunciata perdita di 100mila abitanti per il Molise, cioè quasi un dimezzamento. Questo fa dire, con grande forza a chi prova a creare confusione e a trovare scorciatoie che non ci sono, che il problema non è abbattere i confini geografici o fare dell’incastro delle regioni il gioco del puzzle, ma quello che non porta a dare speranze ai giovani, che evidenzia la mancanza di programmazione e di progettualità, la fine del primato della politica e, cioè, la possibilità di governare solo eseguendo gli ordini e i condizionamenti della finanza e delle multinazionali o della criminalità. Questi hanno ben altri pensieri e riguardo a un confronto-scontro “Molise sì” “Molise no”, o “Regioni sì” “Regioni no” si può essere certi del loro pieno godimento.
La verità è che questo governo, con le sue riforme, sta dando risposte solo a quanti vogliono, per i loro sporchi interessi, ridurre davvero a poca cosa questo nostro Paese. C’è da credere che, visto quello che hanno fatto nel corso si questi ultimi decenni, ne sono capaci. C’è da dire, d’altra parte, che Il silenzio delle Regioni e delle altre istituzioni stanno solo a dimostrare che non contano più niente. Perché, allora, non dire che è da ritenere un atto davvero grave questa rottamazione gratuita e senza senso del quadro istituzionale, e non solo?
Pasquale Di Lena
Molise sì, Molise no. Di Lena: incoscienza dei governanti
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