Con interesse leggiamo le notizie che riguardano i ritrovamenti in terra molisana di reperti che fanno si che anche la ventesima regione dello stivale ogni tanto balza alle cronache nazionali se non addirittura internazionali, ci riferiamo agli studi condotti sui vari campi scavo effettuati in regione da parte di equipe di Università italiane e non. Reperti di straordinaria importanza in quanto, si tratta di rare testimonianze di un qualcosa che si perde nella notte dei tempi. Scoperte che fanno si che i riflettori si accendono su di una realtà spesso e volentieri ignorata perché forse giudicata di poco interesse storico-archeologico-culturale. Un disinteresse che impone di fare alcune considerazioni. Le quali, nascono dalla constatazione che la desertificazione materiale, parola che usiamo spesso nei nostri interventi, in Molise è quanto mai pressante. Desertificazione che porta inequivocabilmente ad assistere all’esodo dei giovani che appena possono vanno via per la non possibilità di trovare lo sbocco lavorativo. Desertificazione favorita essenzialmente dalla mancanza assoluta di opportunità nei riguardi di chi una volta terminato il ciclo di studi si guarda attorno e sconcertato per la “presenza del nulla”, si vede costretto a lasciare il proprio paese, la casa, gli affetti e quant’altro appartiene a questo “sito archeologico fatto solo di promesse mai mantenute”.
Desertificazione parola costante finanche nelle iniziative e nei dibattiti proposti dalle varie compagini politiche che, purtroppo, servono a poco o nulla, se non ad aggravare lo stato di assoluta stasi che domina nel territorio, dove pochi anzi pochissimi sono gli “Homo Protectus”. Desertificazione che non si coniuga, con chi chiede certezze. Desertificazione che ci precipita ancora di più in un baratro da cui è difficile venire fuori, per carenza sia di mezzi sia di volontà, cosa che provoca inequivocabilmente distonie al sistema Molise. Il quale, nonostante ci si affanni a farlo apparire un “laboratorio dove poter sperimentare nuove frontiere”; chissà poi quali saranno queste frontiere lo si deve ancora capire, è paragonabile alla terra di Scizia, dove le aquile in questo caso gli avvoltoi volteggiano, rodendo il fegato che ricresce senza possibilità che il supplizio termini, leggasi il Prometeo incatenato, a chi attende segnali di ripresa. I quali, se non si corre ai ripari fra pochi anni, senza aspettare i resoconti degli studiosi nei vari campi scavo rinveniranno solo e unicamente “il nulla”. Un nulla che resterà tale se le cose non cambiano; anche se cambiamento senza futuro equivale a non crescere e svilupparsi. Cose che i giovani chiedono per non abbandonare il Molise dove un tempo, visse, chi oggi, sfortunatamente per lui, è oggetto di studio.
Massimo Dalla Torre