*rubrica a cura di Geremia Mancini e Mariateresa Di Lallo
Il Molise è fatto da molisani, anche da quei molisani che sono emigrati, perchè costretti o per scelta, soprattutto a cavallo delle due Guerre mondiali, ma sempre con un pensiero rivolto alla loro terra, e che si sono distinti in vari settori nel mondo. Con questa rubrica vogliamo ricordarli ma anche ridare dignità ai nostri borghi, ai nostri talenti e nel contempo riaccendere l’attenzione su questo piccolo lembo di terra, non solo per storia, cultura e paesaggi ma anche dal punto di vista degli ingegni. Pultroppo il Molise come i molisani illustri, non sono presenti sui libri di storia, ma è giusto far conoscere ai molisani in primis, alle giovani generazioni, che i loro avi, si sono distinti nel mondo, con sacrifici, allontanandosi dai propri familiari, a volte non riuscendo a tornare nella loro terra d’origine. Di settimana in settimana racconteremo la storia di ognuno di loro, ricordando anche il paese di nascita molisano. Per questo abbiamo deciso di unire la storia dei “molisani” emigrati con la storia del paese di nascita.
Carmela Marianna Varanese nacque a Campolieto, in provincia di Campobasso, il 16 gennaio del 1893 da Angelo (trentaduenne “possidente”) e Maria Di Lembo. Il 27 luglio del 1911 sposò il compaesano Francesco Giarrusso nato il 13 dicembre 1884 da Giuseppe e Giacinta Petrucci. L’anno successivo al loro matrimonio arrivò un bambino a cui diedero il nome di Giuseppe “Joseph”. Nel 1913 Carmela e Francesco decisero di partire alla ricerca del “sogno americano”. Negli Stati Uniti Francesco “Frank” aprì una fortunata attività di macelleria a Pittsburgh nel quartiere Homewood. La famiglia si arricchì dell’arrivo di altri quattro bimbi: Jean, Rose, Frances e Stanley. Gli affari andavano bene. Poi purtroppo, a soli 34 anni, il 14 luglio del 1919 Francesco “Frank” morì. A questo punto la giovane donna molisana, aveva 26 anni, si trovò da sola a dover affrontare le difficoltà della vita. Con cinque piccoli e un’attività da portare avanti. Con coraggio e tanta determinazione rifiutò l’idea di tornare in Italia. Volle fortemente continuare a lottare per i suoi cinque bambini e anche per realizzare il “sogno americano” tanto caro al suo Francesco “Frank”. Lottò, si sacrificò, e con ogni mezzo ce la fece. In “ITALIAN IMMIGRATION TO PITTSBURGH AND VICINITY “ di Catherine Cerrone viene riportata una foto che la ritrae con i suoi figli e poi una struggente didascalia che recita più o meno così: “La sua perseveranza ha dato credito al proverbio italiano: Se dovesse morire il padre la famiglia ne soffrirebbe; se dovesse morire la madre la famiglia cesserebbe di esistere”. Divenne così per tutti un “simbolo delle mamme”. Carmela Marianna morì l’11 marzo del 1987. Lasciò, come recitava il suo necrologio, 18 nipoti, 32 pronipoti e 6 bisnipoti. Il “sogno americano” per il quale aveva lasciato Campolieto, insieme a suo marito , poteva dirsi realizzato.
Campolieto (CB):
L’etimologia del nome Campolieto non è chiara. Alcuni ritengono che derivi da campus leti = “campo della morte” mentre altri da campus laetus = “campo della gioia” . Attraverso fonti storiche e archivistiche sappiamo che il borgo già esisteva durante il periodo normanno (XI secolo) e possiamo ipotizzare un’anticipazione delle origini, al secolo precedente (X secolo). Il paese si sviluppò, come molti altri centri medioevali molisani e del centro-sud Italia, intorno al palazzo feudale, ancora oggi esistente, sebbene sia stato fortemente modificato in periodi recenti per essere trasformato in ampi appartamenti. La struttura medievale del paese è sopravvissuta alle varie modifiche urbanistiche ed è caratterizzata da stretti vicoli e profonde viuzze che formano il centro storico.
Monumenti e arte:
-Chiesa di San Michele Arcangelo
La fondazione risale prima del XII secolo. La costruzione è a capanna con tre finestre e un portale decorato da iscrizioni gotiche. Nella descrizione della Chiesa di S. Michele Arcangelo, come da inventario del 1700, si fa menzione del campanile di forma quadrangolare, alto 100 palmi, dal quale pendevano tre campane, due benedette dall’Em. Card. Arc. Orsini il 1 luglio 1693 e la terza da Mons. Francesco Carafa, Vescovo di S.Marco di Calabria, al 28 ottobre 1695. Sulla campana intermedia vi erano incise lettere antiche inintellegibili; fra esse vi si leggeva: “Anno Domini 1382“. E’ fuori dubbio, quindi, l’esistenza della Chiesa con campanile nel secolo XIV.
La facciata della chiesa presenta tre ingressi, di cui il centrale è di forma maggiore. Al di sopra dei portali d’ingresso si aprono tre finestre, una per ingresso, sempre con la parte superiore a due spioventi. l’interno è a tre navate, fu costruita nel 1613. Da una memoria, consacrata negli atti del notaio del tempo, Pietro Stampanone, si legge che nella notte tra il 13 e il 14 giugno del 1682 un incendio, non si sa da che cosa provocato, distrusse la Chiesa nelle parti lignee e la danneggiò nelle strutture di pietra. E’ da presumersi che anche l’archivio, ricco di pregevoli memorie locali e di antichi registri, sia andato, almeno in parte, distrutto. All’ingresso della Chiesa sono collocate due acquasantiere in pietra. Di pregevole fattura è l’acquasantiera a destra di chi entra, composta da elementi distinti per epoca e manifattura. Nel presbiterio, accanto alla mensa eucaristica, è stato collocato il “Fonte battesimale”,ricavato da un unico blocco di pietra, di forma rotonda, del 1684, anch’esso di pregevole fattura, venuto alla luce durante i lavori di restauro.Oltre la grossa vetrata dell’abside centrale, si ammirano nella navata laterale sinistra tre caratteristiche vetrate di forma ottagonale, di stile barocco. Le vetrate istoriate, fatte eseguire negli anni ’50, riproducono l’episodio del battesimo di Gesù e le immagini dei gloriosi apostoli SS. Pietro e Paolo.
-Palazzo ducale De Capua
In origine era il castello medievale, costruito nell’XI secolo. Il fondatore era Roberto De Russa, che combatté nella prima crociata a Gerusalemme. Nel XII secolo appartenne ai conti di Borrello (Abruzzo), che fortificarono il maniero. Nel ‘500 passò nella proprietà di Francesco Montagano, e poi ai duchi di Capua, per volere di Ferrante II. Nel ‘700 appartenne a Scipione della famiglia Sangro (valle Peligna, Abruzzo), e poi ai Carafa.
Il castello oggi è un palazzo visitabile, che ha le caratteristiche di un edificio barocco con decorazioni classicheggianti sul portale è sulla cornice a colonne greche.
Per approfondimenti: Spigolature araldiche arc. Franco Valente
*Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”
*Mariateresa Di Lallo – giornalista pubblicista, appassionata di storia, usi e costumi medioevali e ricercatrice di tradizioni popolari molisane