Nonostante qualche fiammata non è un grande momento per i mercati finanziari globali. Il focus è sulla Cina e sui mercati emergenti, che dopo una corsa apparentemente senza ostacoli, oggi sono visti quasi come dei veri e propri bidoni. La verità, come sempre, sta nel mezzo. Pretendere che la Cina potesse continuare a tassi di crescita ultraventennali dell’8% è pura follia. La dirigenza cinese però ha alimentato questa sensazione, specie foraggiando le aziende di stato e innescando una folle corsa dei prezzi immobiliari. Al netto del calabrone, che sfida la forza di gravità, le cose poi tornano alla loro normalità e questo è quello che sta accadendo anche in Cina. Tassi di crescita più normali, superamento dei fortissimi squilibri macroeconomici venutisi a creare, terapie di sgonfiamento delle bolle del credito e degli immobili. La Cina sarà questo per i prossimi anni e siccome è un paese abbastanza ordinato dovrebbe riuscire con dolore ma senza traumi violenti ad imboccare questi sentieri. Per quanto riguarda il resto dei paesi cosiddetti emergenti bisogna anche qui intendersi sul tipo di sviluppo che sta interessando queste realtà, peraltro paesi molto variegati e distanti tra loro (si passa dalla Russia al Brasile ma si affaccia anche l’Africa e il Bangladesh). Si tratta di uno sviluppo innescato essenzialmente dalle materie prime e dalle risorse naturali, di cui questi paesi hanno grande disponibilità. Ma anche in questo caso non si può pensare di spingere lo sviluppo di paesi dalla popolazione enorme (Brasile, Indonesia, Russia) solo con le materie prime. Ci vuole ad un certo punto una migliore organizzazione sociale e del potere, una progressiva consapevolezza dei cittadini e della collettività, una maturazione ed affinamento delle classi dirigenti. Cosa che al momento manca e che quindi ostacola gli ulteriori progressi di queste nazioni. Il caso più visibile è Vladimir Putin della Russia: la Russia è un grande paese, con una grande storia e con grandi risorse naturali e non.
L’essersi affidato ad un uomo dai modi spicci e dal fare deciso può impressionare le masse (Putin è, nonostante la crisi economica profonda della Russia, ancora molto popolare nel suo paese) ma rischia di traumatizzare lo sviluppo di quel popolo. D’altronde gli Sati Uniti non fanno sconti a nessuno, figuriamoci a Putin che guardano come il fumo negli occhi. Ed ecco che, tra un invasione in Ucraina e una guerra a fianco del sanguinario Assad in Siria gli Usa presentano il conto: petrolio e gas giù del 40-50% per spezzare le reni all’economia russa dipendente dal prezzo del petrolio, svalutazione del rublo dell’80%, drastico calo del tenore di vita della neonata borghesia russa. I mercati finanziari per questo reagiscono ma forse sovrareagiscono anche. La Cina e i paesi emergenti, specie di fronte ad un Europa pallida ed in mano a leadership da spettacolo di cabaret (vedi l’Italietta di Renzo Renzi) sono il futuro ed hanno enormi spazi di miglioramento. Devono solo trovare le persone giuste e lungimiranti per innescare questi processi. La leadership collettiva cinese, frutto di una storia millenaria di buona amministrazione, è già un passo avanti e promette bene. Gli altri prima o poi si dovranno adeguare ai mutati ruoli che la storia loro sta ascrivendo. Intanto oggi i mercati vanno giù: Mibtel sotto di oltre mezzo punto, dollaro debole contro l’euro a 1,14 spread a 107 circa. (Pietro Colagiovanni)