Il governo di Matteo Renzi scricchiola. La maggioranza (o le ipotetiche maggioranze) tentennano. Tutto inizia dalla rissa notturna: botte in aula, dove si discutevano le riforme costituzionali. Botte da orbi tra democratici, vendoliani e grillini. E così, il giorno successivo, dopo ore convulse e al grido di “votatevi da soli questo obbrobrio di riforme“, le forze di opposizione hanno optato per l’Aventino, ossia l’abbandono dell’Aula.
L’annuncio ufficiale è arrivato da M5s, Lega Nord e Sel, mentre Forza Italia si è accodata alla discussione dopo essersi presa un poco di tempo in più per rifletterci (la stessa Forza Italia che, prima della forzatura su Sergio Mattarella, avrebbe probabilmente agito in un altro modo). Un terreno scivolosissimo, dunque, per Renzi, che fronteggia la tostissima protesta dei vendoliani ai quali si era riavvicinato durante la corsa quirinalizia, e che fronteggia anche i – gravi – malumori degli azzurri. E i voti azzurri, per l’esecutivo di Matteo, fino ad oggi si sono rivelati fondamentali.
La minoranza Pd – Ma per Palazzo Chigi il problema più grosso è che è tornata a ruggire anche la minoranza Pd. Il dissidente dem Alfredo D’Attore ha spiegato chiaro e tondo: “Le riforme non si possono fare a colpi di maggioranza”. Dunque l’invito al dialogo con il Movimento 5 Stelle. E durante l’assemblea Pd il medesimo concetto è stato ripetuto daGianni Cuperlo, che ha proposto di aprire alle richieste dei grillini, nel dettaglio accettare l’idea di votare a marzo l’articolo 15 del ddl Boschi, quello sul referendum. “Non possiamo votare le riforme con l’aula mezza vuota”, ha spiegato Cuperlo. Una situazione di stallo, dunque. Tanto che prima dell’assmblea il capogruppo Pd, Roberto Speranza, aveva detto: “Piuttosto che non farle, queste riforme ce le facciamo da sole”. Provocazione poi, almeno fino ad ora, rientrata.
La riunione – Ai suoi, riuniti, dopo le insistenze della minoranza, Renzi ha ribadito quanto sostenuto in precedenza: “Se passa la logica per cui l’ostruzionismo blocca il diritto e il dovere della maggioranza di fare le riforme è la fine. Minacciano di non votare? Problema loro”. E ancora: “C’è un derby tra chi vuole cambiare l’Italia e chi vuole rallentare il cambiamento. Nelle opposizioni sta avvenendo un gigantesco regolamento di conti”. Poi il premier ha confermato le scadenze temporali: sabato la chiusura della fase dedicata agli emendamenti, e voto finale a marzo. Ma le parole di Renzi non sono bastate per calmare le acque. Al termine della riunione è tornato a farsi sentire Stefano Fassina, eterno rivale di Matteo: “E’ inaccettabile votarsi le riforme da soli. Abbiamo fatto il capolavoro politico di ricompattare tutte le opposizioni”. Frasi che hanno fatto ulteriormente arretrare il capogruppo Speranza, che ha corretto il tiro: “Non siamo soddisfatti. Un’aula con i banchi vuoti non è l’aula che vogliamo. Abbiamo i numeri per andare avanti anche da soli. Ma penso che sia un errore per noi, un errore per la democrazia italiana, un errore per le opposizioni”.