La proposta di istituire organi comuni, che il Presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, ha rivolto al Presidente della Regione Molise, Paolo Frattura, rappresenta molto di più di un lungimirante invito istituzionale a sperimentare le forme di cooperazione rafforzata che l’art. 117 della Costituzione ha previsto per la gestione associata di funzioni e servizi tra più regioni. L’autorevolezza politica di D’Alfonso, unitamente alla sua indiscutibile capacità comunicativa, imprime a quell’appello verso l’istituzione della Marca Adriatica il crisma di una decisione pubblica imminente, concreta e attuale più di quanto ci si fosse illusi di poter considerare.
Ed è proprio questa certezza che ci impone di abbandonare il prima possibile i penosi argomenti che animano lo squallido dibattito politico molisano, per provare a tracciare il quadro della discussione su questa prospettiva, non più declinata al futuro, ma al presente, con la certezza che diventerà passato se si continua a inseguire sempre e solo un inutile e perdente tirare a campare, pavoneggiandosi con il piglio dello sceriffo di paese.
In queste ore il più grande partito molisano, il PD, che esprime il Governatore, tre parlamentari, la maggioranza della Giunta e del consiglio regionale, dei sindaci e dei vertici lottizzati degli enti subregionali, è tutto concentrato in un riposizionamento interno che prende a pretesto una rissa leguleia sullo statuto interno e si manifesta nelle forme di una paesana colluttazione tra due signore che si tirano (quasi letteralmente) i capelli a colpi di accuse sbraitate di cui sfugge completamente il profilo di interesse pubblico.
E così, mentre D’Alfonso invita a ragionare di programmazione comune degli investimenti infrastrutturali, qui si discute di come giustificare la bocciatura della proposta di legge di iniziativa popolare sulla riduzione dei costi del politica, tra astensioni tattiche e imbarazzanti attacchi di dissenteria per tentare di spiegare l’assenza all’appello al momento del voto. Mentre D’Alfonso immagina una politica comune per la tutela del mare adriatico, in Molise decine di sindaci, un centinaio di associazioni e migliaia di cittadini sono costretti a protestare in piazza per far sentire la propria voce in difesa del proprio territorio contro le devastanti iniziative energetiche autorizzate dagli amici degli amici al di fuori di qualsiasi partecipazione democratica, programmazione territoriale e monitoraggio della qualità dell’aria e della salute, nell’esclusivo interesse di pochi ‘eletti’, alcuni dei quali baciati dalla benevolenza del noto benefattore locale. Mentre D’Alfonso immagina economie di scala sulla gestione dei servizi, in Molise assistiamo alla concretizzazione di tentativi di privatizzazione della cultura scientifica spacciata subdolamente nella sede di un ente di formazione (uno a caso…).
Se questo è l’abisso tra la qualità degli argomenti spesi dalla politica molisana rispetto a quella che D’Alfonso ha impresso a quella abruzzese, la Marca Adriatica non sarà un’occasione di cooperazione istituzionale per crescere politicamente nelle differenze culturali, ma un banale sinonimo, magari più elegante, della più classica delle annessioni, nel senso storicamente più deteriore del concetto. Il Molise come fonte da cui attingere risorse preziose (come l’acqua) e al contempo periferia-pattumiera ove localizzare tutto ciò che risulta sgradito per il centro politico e geografico.
Massimo Romano/Marca Adriatica: cooperazione o annessione?
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