Mons. Bregantini ha presentato la marcia per la pace che si svolgerà quest’anno il 31 dicembre a Campobasso. L’augurio che ci facciamo è che l’iniziativa rimanga propria della società civile, che non abbia nulla di accademico, che sia fortemente riflessiva e propositiva e soprattutto che non sia appaltata da una politica che non si pone come tecnica di soluzione dei problemi della collettività, ma come un sistema in mano a mestieranti privilegiati per accedere al potere in ruoli istituzionali non più per scelta elettorale, visto che il voto è stato ridotto solo ad una finzione, ma per cooptazione oligarchica o partitocratica ancora per poco, speriamo, visto il recente pronunciamento della Corte Costituzionale sul “Porcellum”.
Se la pace non è solo assenza di guerre, purtroppo ancora numerose e cruente nel mondo, e di conflitti, ma realizzazione della dignità piena di ogni essere umano e costruzione della giustizia sociale, è evidente che la politica non è in questo momento servizio a queste finalità, avendo rinunciato ad una governance ormai in mano a lobbies finanziarie.
Capite che diventa utopistico cercare nei partiti, in cui è sempre più difficile abitare, una funzione della politica come servizio alla pace.
Se, come scrive papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”, l’inequità, le nuove diseguaglianze e l’incombente baratro economico sono il frutto dell’egoismo, dell’idolatria del denaro, che il dilettantismo di classi dirigenti alla ricerca del privilegio e del potere vorrebbero continuare a porre come valori fondanti della società, a noi non è sufficiente l’indignazione; anzi perfino il voto, senza una modifica delle leggi elettorali nazionali e locali, diventa inutile o appena adeguato a scegliere il meno peggio.
Per anni nella nostra regione, in indipendenza ed autonomia nei gruppi di ricerca di base e tuttavia in dialogo con le forze politiche, molti hanno provato ad elaborare idee per costruire un processo democratico reale ed una società libera ed egalitaria.
Oggi i partiti si sono trasformati in cartelli elettorali per la ricerca e la conservazione del potere,
Se la pace allora è inclusione, soprattutto dei più deboli, se la pace è condivisione equa dei beni, se la pace è sempre più diretta partecipazione dei cittadini alle decisioni che riguardano la vita comune, dobbiamo necessariamente pensare a nuove forme di aggregazione politica di base capaci di rompere miti e sistemi di conservazione degli attuali iniqui equilibri economici e sociali per pretendere di variare l’agenda politica attuale, troppo legata agli interessi di un capitalismo che ha prodotto un’economia che uccide, come scrive ancora papa Francesco.
Quale dev’essere dunque quest’agenda per una politica che voglia diventare servizio alla pace?
Il 31 dicembre a Campobasso si dia voce unicamente a chi vuole costruire canali di riflessione e proposta in ordine alle seguenti finalità: rendere vincolante il “Trattato internazionale sul commercio delle armi convenzionali”, approvato in aprile dall’Assemblea generale dell’ONU, raggiungendo la ratifica degli almeno 50 Paesi necessari, mentre finora sono solo 8, impedendo o almeno limitando il commercio di armi non solo convenzionali, ma allargando il trattato anche ai robot armati ed ai droni; prospettare immediatamente leggi elettorali di livello locale e negli organismi internazionali che permettano ai cittadini di scegliere e decidere, di dare deleghe, ma anche di revocarle, di avere referendum abrogativi, ma anche consultivi e propositivi; costruire un’economia non più speculativa, ma solidale e partecipativa attraverso forme di cooperazione e socializzazione di base; garantire a tutti i diritti fondamentali non con proclamazioni asettiche, ma attraverso realizzazioni concrete come ad esempio un reddito minimo di cittadinanza.
Diamo attuazione alla marcia della pace in una maniera intelligente e costruttiva.
Usciamo dal privato e costruiamo canali di elaborazione di idee e gruppi decisi a farle camminare; riusciremo così a mettere alla base dell’azione politica l’onestà, la lealtà, la coerenza, la competenza e la responsabilità che dovrebbero essere i tratti della carta di identità di chi assume un mandato politico che non può che finalmente e necessariamente essere limitato nel tempo.
Se non faremo questo, nulla migliorerà nella giustizia sociale ed il business del mercato delle armi ci prospetterà qualcosa di peggiore di quello che è successo, come informa l’Avvenire del 4 dicembre, tra il 2007 ed il 2012, che ha visto l’esportazione delle armi aumentare per la Cina del 293%, per la Russia del 43%, per l’Italia e la Spagna del 22%, mentre il Marocco ha accresciuto le importazioni del 2624%, l’Arabia Saudita del 373% e l’India e la Turchia del 108% e 109% con esempi che sono limitati ma significativi.
Umberto Berardo