Parlare di “mafie” oggi rappresenta ancora un rischio, per chi si impegna nella lotta al contrasto, per chi invece usa frasi fatte è diventato l’argomento del momento. Informare, sensibilizzare, stimolare alla giustizia ed alla verità, operare in modo che alle parole seguano fatti concreti, si questo è il vero rischio agire. E chi oggi sull’esempio di Falcone, Borsellino ed altri persecutori della verità, che hanno perso la vita, ha il coraggio di continuare ad operare in nome della verità? Ma cosa sappiamo noi della “mafia”? Quanto conosciamo il nostro territorio? E soprattutto quanto siamo disposti a lottare per un futuro migliore?
Continuiamo a tenere alta l’attenzione e ad informare, con l’aiuto del professor Vincenzo Musacchio, Giurista e docente di diritto penale in varie Universita’ italiane ed estere, docente presso l’Alta Scuola di Formazione della Presidenza del Consiglio in Roma , Presidente dell’ Osservatorio Regionale Antimafia del Molise , Direttore Scientifico della Scuola di Legalita’ – don Peppe Diana – di Roma e del Molise.
Professore sentiamo ormai da anni parlare di “mafia”, di “criminalità”, ma nella nostra regione sembra un argomento che non riscuote la giusta importanza. Lei cosa pensa?
Parlare di mafia in Italia è qualcosa di difficile. In Molise è ancora più difficile. Nel nostro territorio stiamo vivendo diversi stadi: dell’infiltrazione, della presenza, dell’insediamento, per arrivare in tempi recenti al tentativo concreto di un vero e proprio radicamento soprattutto da parte della mafia pugliese. La nostra regione non è originariamente una terra con mafia e per questo motivo parlare di tale argomento, ancor oggi non è affatto semplice. Chiunque provava in passato ad affrontare tale argomento, spesso veniva accusato di fare inutile allarmismo. Io lo faccio da oltre venticinque anni spesso inascoltato o addirittura vituperato e devo dire che è stata proprio la sottovalutazione e la rimozione che, intrecciandosi con un allarmante deficit di conoscenze, ha prodotto un terreno favorevole alla infiltrazione della criminalità organizzata. Nel litorale molisano, a Campobasso e nell’area isernina le mafie ci sono e fanno affari, sono presenti nei nostri territori ma spesso non ce ne rendiamo conto.
In un suo intervento parlava di “metamorfosi della mafia”, oggi quale è la situazione a livello nazionale e regionale?
Le inchieste della magistratura e delle forze di polizia delineano uno scenario di cui bisogna prenderne atto, affinché anche da noi cresca la consapevolezza che è arrivato il momento di reagire e di coalizzarsi per fermare ulteriori aggravamenti della situazione attuale. Inchieste che, grazie alla D.D.A di Campobasso, hanno fatto uno straordinario salto di qualità delineando un modello investigativo con il contributo decisivo dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza. Il Molise è visto dalle mafie come una anonima lavanderia dove ripulire proventi illeciti con le forme classiche del riciclaggio, impoverendo e drogando l’economia sana. I soldi guadagnati con la droga o con altre attività illecite o criminali sono immessi nell’economia legale nel tentativo di riciclarli, di nascondere e far disperdere la loro origine. Uno dei problemi essenziali che hanno i mafiosi è proprio quello di trasformare in soldi legali i capitali mafiosi. Il riciclaggio diventa così l’attività mafiosa più importante nelle regioni del centro-nord così come l’acquisizione di attività commerciali, di imprese, di immobili. È un groviglio che sta avvolgendo intere zone e di cui è sempre più difficile accorgersi. Si rischia di smarrirsi, di perdere il filo che lega insieme diversi fatti tra loro concatenati. E’ importante non perdere di vista quel filo, seguendo sia le vecchie strade, sia i punti di novità della presenza mafiosa in campo economico. Il nostro piccolo territorio è il luogo dove fare affari, coinvolgendo quegli imprenditori che vedono nei clan la chiave per superare le difficoltà della crisi. Imprenditori che quando pensano di instaurare una relazione di reciproca convenienza con le mafie si trovano immediatamente in un tunnel di solitudine e sofferenza il cui esito è inevitabilmente la dolorosa perdita del controllo della loro impresa, frutto di sacrifici di una vita. Negli ultimi anni, le mafie hanno visibilmente quasi archiviato i metodi criminali violenti, e hanno deciso di lavorare “in modo occulto”, mimetizzandosi, stabilendo una sorta di patto di pace, costituendo anche alleanze e collaborazioni, realizzando vere e proprie holding imprenditoriali.
Sensibilizzare i giovani quanto può influire sulla società futura?
Molto, anzi, direi che è determinante. Bisogna parlare ai giovani andando a trovarli nelle scuole, come continuo a fare incessantemente da molti anni. E’ un percorso molto difficile e di lungo periodo perché richiede tempo, pazienza e dedizione: i risultati si riscontrano dopo alcuni anni ma posso assicurare che ci sono e in alcuni casi sono stupefacenti. Questo ovviamente si può fare se si è credibili, se si è coerenti e soprattutto se c’è il riscontro da parte dei giovani. Posso affermare senza timore di smentite che i giovani, sono attentissimi a capire e si accorgono subito se uno recita o meno. Soprattutto in ambito universitario, con gli anni, dopo aver seminato ho potuto riscontrare i frutti del raccolto. Alcuni miei studenti oggi sono diventati magistrati, molti sono nelle forze di polizia e la gioia più grande è quando mi dicono che ho contribuito al loro cammino di legalità. Questo mi rende orgoglioso e mi dà la forza di andare avanti e di dire che non ho sprecato tempo nell’ andare a parlare di mafia ai giovani. E’ questa la strada migliore da percorrere anche se è lunga e faticosa, alla fine darà i suoi frutti.
E quanto influisce la risposta , o “non risposta” delle istituzioni alla problematica?
Nella lotta alle mafie lo Stato svolge un ruolo dominante ma non esclusivo. Corruzione e mafia stanno diventando sempre di più facce della stessa medaglia. La criminalità organizzata ormai è radicata in tutto il Paese. Fino a quando nelle grandi opere pubbliche saranno presenti le mafie, la politica non sarà mai degna del proprio ruolo originario: il bene comune. La responsabilità tuttavia non è solo dei politici. Le mafie riescono a fare poco se non trovano dei professionisti che li guidino. Hanno bisogno di imprenditori, commercialisti, notai, avvocati, giornalisti che si rendono loro complici affinché la propria forza sia sempre più consolidata. I mafiosi per raggiungere il loro obiettivo hanno bisogno della politica. Proprio in Molise a Trivento sentii dalla voce di Paolo Borsellino la frase divenuta poi famosa: “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”. Credo che il suo assunto sia valido ancora oggi.
Lei cita spesso esempi di coraggio come Falcone, Borsellino, don Peppe Diana ma oggi c’è ancora chi mette a rischio la propria vita in favore della giustizia? Ma soprattutto lo Stato, come Istituzione è presente?
Personalmente credo che la lotta alle mafie si sia fermata al maxi processo di Palermo che fu un esempio di come si possa sconfiggere la criminalità organizzata per tutto il mondo. I veri servitori dello Stato che si sono sacrificati per combatterla, purtroppo, sono tutti morti perché lo Stato, o meglio i suoi governanti, non hanno voluto la lotta alle mafie ma hanno preferito la connivenza. Per un’azione incisiva ed efficace serve un ingrediente che in Italia non si trova: la volontà politica. Una “ricetta miracolosa” per estirpare il cancro delle mafie ovviamente non esiste. Esistono però leggi, forse troppe, che devono essere applicate e altrettante che dovrebbero essere create. Riguardano l’economia, l’evasione fiscale, la corruzione, il settore bancario, quello del lavoro, dell’informazione, tutti contesti in cui la criminalità organizzata regna sovrana. Finora le mafie hanno ucciso tutte quelle persone che lo Stato ha abbandonato. Diceva bene Giovanni Falcone: “…quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è, allora, che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare”.
Pochi giorni fa dal Basso Molise è arrivata la protesta di molti agricoltori ed associazioni antimafia ” Siamo nel mirino della criminalità organizzata”, è così?
Che la criminalità organizzata sia già presente in Molise è un dato di fatto e non lo dico io ma il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti. Quanto agli episodi accaduti in Basso Molise io ci andrei cauto. Secondo me, ripeto secondo me, l’incendio a Santa Croce di Magliano e i fatti di Campomarino, con la mafia hanno poco a che fare. Magari sarò smentito dalle indagini ma ritengo che le non siamo di fronte alle solite modalità operative mafiose poiché non ho mai visto un soldato di mafia incendiare un locale o distruggere delle vigne se non dopo ripetute minacce ed avvertimenti. Fatti questi ultimi espressamente smentiti dai proprietari. Ripeto, è solo un mio pensiero e qui si esaurisce. Ovviamente sia chiaro che bisogna denunciare e sono sicuro che gli inquirenti arriveranno ai colpevoli e alla matrice degli attentati.
Perché il Molise è terra fertile per le mafie?
Ribadisco che in Molise non ci sono insediamenti malavitosi ma si può parlare tranquillamente di infiltrazioni. La crisi economica certamente ha reso ancora più insidiosa l’infiltrazione criminale. Chi s’infiltra, lo fa mimetizzandosi puntando alle attività economiche per es. rilevando quote nelle attività commerciali e a infiltrandosi in maniera organica nel sistema produttivo. Il Molise è terreno fertile sia per la sua popolazione “tranquilla” sia per la sua classe politica accondiscendente. Per il resto, se uno volesse comprendere lo stato di salute del Molise basta percorrere le nostre strade e capirebbe tutto.
Una sua citazione recita “La legalità e l’antimafia partono dal parlarne e si concretizzano con le azioni”. Tanti i movimenti o comitati antimafia, ma quale risposta concreta può dare questa terra secondo lei?
Onestamente non so che risposta potrà dare il Molise, so però quello che farò io. Ripartono per il quarto anno consecutivo gli incontri della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” finalizzati a promuovere nell’ambito scolastico un programma di attività a favore degli studenti delle scuole di ogni ordine e grado (dalle primarie all’Università). Lo scopo resta sempre lo stesso: far maturare la consapevolezza del valore della legalità, con particolare riferimento alle mafie, alla corruzione e alla conoscenza dei principi costituzionali. Il progetto denominato “Legalità bene comune” anche per l’anno scolastico 2017/2018, prevedrà l’organizzazione, a livello nazionale, di incontri presso le scuole orientati a creare e diffondere il concetto di “legalità” e stimolare nei giovani una maggiore consapevolezza del loro ruolo. I nostri prossimi incontri nelle scuole d’Italia 2017/2018: Calabria : Palmi – Cosenza; Sicilia: Palermo; Puglia: Foggia; Molise: Larino – Campobasso – Termoli; Abruzzo: Vasto; Campania: Castelforte – Napoli – Caserta; Lazio: Latina – Fiumicino – Roma; Veneto: San Donà di Piave; Emilia Romagna: Bologna; Marche: Fano; Toscana: Lucca – Pescia – Pistoia; Umbria: Terni; Basilicata: Melfi; Friuli Venezia Giulia: Palmanova. Queste sono le scuole che già ci hanno contattato e dove certamente andremo, restano aperte ovviamente le altre richieste. Ricordo che i nostri incontri sono totalmente gratuiti così come le nostre relazioni. Non sono previsti neanche rimborsi spese. Anche i libri che presenteremo agli studenti sono totalmente gratuiti. Questa è l’antimafia in cui crediamo e che continueremo a portare in giro nella Nazione finché le nostre forze ce lo consentiranno.
In questi giorni abbiamo letto di una sua probabile candidatura a Presidente della Regione Molise con il Movimento 5 Stelle. E’ vero? Se sì come si concilia con le sue attività contro le mafie e come la spiegherebbe ai molisani?
Non mi sottraggo alla domanda. Un nutrito gruppo di attivisti del Basso Molise, di Campobasso, di Isernia e di Venafro mi hanno chiesto la eventuale disponibilità ad una candidatura. Ho detto loro che se ne poteva discutere nell’ipotesi in cui il mio nome potesse ottenere ampio consenso e soprattutto unità. Ho potuto riscontrare che ciò che chiedevo non era possibile e che nel Movimento il mio nome ha rotto gli equilibri creatisi negli anni, per cui tranquillamente resto a fare ciò che faccio da oltre un quarto di secolo. Voglio solo precisare un aspetto: l’antimafia spesso viene strumentalizzata per raggiungere degli obiettivi ben precisi, nel mio caso, se mai il progetto di candidatura si realizzasse potrei dimostrare con i fatti che antimafia e politica non sono affatto incompatibili, anzi è vero il contrario.
Mariateresa Di Lallo