L’Intervento/ “Ma non è una cosa seria…”

di Massimo Dalla Torre

Abbiamo voluto titolare questa nuova chiacchierata mattutina prendendo in prestito il titolo di una commedia di Luigi Pirandello. Il quale, apriva prima al lettore e poi allo spettatore un mondo pieno di sfaccettature che lo resero famoso per la tematica dell’uno nessuno e centomila ma anche attraverso il teatro.

In questo caso con: “Ma non è una cosa seria” perché le notizie che giungono dal mondo della politica sono talmente contraddittorie e in antitesi fra loro che fanno apparire i grandi temi, quelli seri, quelli che mettono realmente in crisi il nostro Paese, semplici pettegolezzi da bar dello sport, con tutto il rispetto per i bar dello sport. Ecco il perché della scelta del titolo. Un titolo in cui tranquillamente si può racchiudere un modo di agire, operare, vivere e non vivere contemporaneamente che neanche il più fantasioso favolista saprebbe fare di meglio.

Questa è, la spiegazione altro non c’è. Lo sappiamo che spesso e volentieri ricorriamo all’ermetismo e portiamo il lettore fuori pista, ma se si fa mente locale quello che riportiamo negli articoli appare chiaro, anzi, permette di aprire, magari si facesse perché in Italia al posto delle “ciacole”, come le definirebbe Goldoni, un dialogo tra le parti sempre più contrapposte, sempre più in guerra. Dicevamo ricorriamo all’ermetismo per snocciolare un discorso che ci permette di capire se tutto quello che scriviamo, è frutto di un disturbo di comunicazione o è la fase prodromica di una sindrome di cui moltissimi di noi sono affetti.

Un ermetismo d’obbligo, di scelta, necessario perché, i litigi, con conseguente epurazione, di cui siamo nostro malgrado spettatori fanno parte del DNA di una classe che incombe sempre di più e che se le cose non cambiano schiaccerà quel poco di buono che ancora resiste. Una sorta di avanzata dell’incongruenza su cui si sviluppa e vegeta un mondo alieno chiamato politica. Un pianeta talmente strano che porta fuori pista chi ingenuamente cerca di capirne la ratio che lo alimenta, senza sapere che la ratio mai come questa volta non esiste.

Un qualcosa che ci costringe ad assistere a una convulsa serie di accadimenti che si smentiscono a vicenda innescando di conseguenza una strana danza, che non esitiamo a definire “macabra”. Una danza i cui passi sono incentrati sulle incertezze, sotterfugi,  intrighi che si confanno a chi imperterrito continua a “prendere per il naso” l’elettore, il cittadino, l’uomo della strada che s’illude, perché di un’illusione si tratta, che con quel piccolo tratto apposto sulla scheda elettorale cambierà le cose, senza sapere che i cambiamenti non sono né contemplati e tanto meno citati nel vocabolario della politica sempre più imperante sui nostri destini, sempre più deleteria per chi crede che è la panacea ai mali che affliggono questa società costruita sul nulla.

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