L’intervento/Dei nuovi lavoratori il 50% è precario

Rispetto all’anno scorso, si registra una forte crescita delle entrate contributive, pari a +7%,un chiaro segnale positivo per la ripresa dell’economia, ma siamo ancora sotto dell’1% rispetto alle entrate del 2019.

L’alto tasso di inattività, che si registra in Italia, fà riflettere poiché il sistema previdenziale “non si può reggere con 23 milioni di lavoratori su una popolazione di 60 milioni.

Dopo oltre un anno e mezzo di pandemia i dati indicano una ripresa economica ed occupazionale, anche se INAP (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) afferma che tale crescita rischia di non essere strutturale,  a preoccupare è il boom di contratti a tempo ridotto attivati, insieme al divario occupazionale di genere, gli uomini prevalgono di molto sulle donne, non solo, e per la maggiore attivazione di contratti part time per le donne rispetto agli uomini.

Rispetto al 2020, si contano circa 700 mila rapporti di lavoro in più, ma la nuova occupazione è trainata dal lavoro a termine e precario: quelli a tempo determinato sono circa la metà dei nuovi rapporti di lavoro.

L’occupazione è trainata principalmente dai precari. durante la pandemia è stato sospeso il decreto dignità oggi si dovrebbe e si potrebbe ripristinare la piena funzionalità del decreto, che, nel periodo precedente alla pandemia, bene o male, aveva portato alla stabilizzazione di oltre mezzo milione di rapporti di lavoro.

Stando agli ultimi dati disponibili, su 3,3 milioni di nuovi contratti attivati oltre un milione di questi sono part time, il più delle volte “involontario” ,ovvero, non richiesto dal lavoratore ma imposto come condizione di assunzione dall’azienda.

Il divario di genere permane, come quello tra Nord e Sud Italia: sul totale dei contratti attivati, solamente il 39,6% è riservato alle donne e per lo più nel Nord, circa la metà dei contratti delle donne è part time, contro il 26,6% dei contratti a tempo parziale attivati agli uomini.

La situazione non è migliorata dalla condizione salariale, che vede l’Italia in una pessima posizione rispetto agli altri Stati dell’Unione Europea.

I lavoratori sotto i 30 anni del Sud, in particolare Sicilia, Calabria e Molise, si trovano in una condizione di particolare svantaggio, qui un il numero di contratti attivati e ridottissimo, inoltre un 70% di questi è costituito da rapporti di lavoro part time, danno la sensazione che la prospettiva di reale ripresa sia altamente incerta.

La lettura di questi dati ci dice che:

la ripresa dell’occupazione in Italia rischia di non essere strutturale perché sta puntando troppo sulla riduzione dei costi tramite la riduzione delle ore lavorate.

Il PNRR non investe su assunzioni stabili, che darebbe di certo una spinta propulsiva alla ripresa.

Con una prospettiva che non punti all’occupazione sono a rischio sia la produttività che la competitività.

Gli incentivi alle assunzioni distribuiti alle aziende non hanno contribuito a ridurre part time e precarietà.

Occorre avviare una riflessione sul ruolo “migliorativo” e selettivo che, a partire proprio da questa fase di riavvio, dovrebbe caratterizzare il sistema degli incentivi.

Occorre una impostazione politica diversa: mettere al centro “l’Uomo” con le sue esigenze e non i numeri con i suoi equilibri.

Alfredo Magnifico

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