L’intervento/Decreto Molise: il gioco dei quattro cantoni

di Massimo Dalla Torre
Non capiremo mai la logica che è alla base dell’acredine che in questi giorni condisce gli
articoli sul decreto Molise, scatenata dalle esternazioni dell’onorevole Lorenzo Cesa per
quanto inerisce alla ventesima regione dello stivale, cui ha ribattuto il Presidente della
Regione Molise Roberti che sta smorzato le polemiche con dichiarazioni rassicuratorie.
Decreto Molise non sempre condiviso che, da quando è stato messo in piazza fa si che i
palazzi della politica conservino inalterati i connotati di carro dei Tespi. Un’acredine che la
dice lunga di come ancora una volta chi si compenetra in quella che è la libertà di
discernimento, è in netta antitesi finanche con la stessa maggioranza che governa questa
regione. Non ce ne voglia nessuno, in special maniera chi cerca di far passare per buone
certe tesi che di buono, forse hanno solo le intenzioni. Figure che, ogni qualvolta ci si
accinge a esternare il proprio pensiero fanno di tutto per mettere in antitesi chi dice il
contrario con una serie di obiezioni specialmente nei confronti del sistema, troppo vetusto.
Da anni si parla di modificare e rinnovare e poi, regolarmente nulla cambia, anzi si fa a
gara a partecipare al classico gioco dei quattro cantoni dove il meno fortunato non si
siede. In tanti anni di politica non abbiamo mai visto un vero rinnovamento perché sono
sempre gli stessi che si dicono pronti sui blocchi di partenza. Ecco perché siamo stanchi di
assistere a queste pantomime, i meno prosaici le definirebbero menate, che fanno sì che
l’unico sport preferito è quello della farsa novità non sempre condivisa e chi più ne ha ne
metta, anzi ne scriva. Ecco perché plaudiamo alle scelte che dovrebbero dare il ben
servito al modo vetusto di fare politica che fa si che il Molise non avanzi di un metro
rispetto ad altre realtà che hanno capito che se non si guarda oltre non si va da nessuna
parte. Vedete, nel nostro Paese e nella fattispecie nella nostra realtà fare politica
innovativa significa dire no e disconoscere quello che si è in tanti anni radicato sul territorio
con tutte le storture immaginabili e possibili. Fare politica innovativa significa collaborare
tutti insieme senza salire in cattedra, senza rivendicare privilegi o cariche, anche se
queste sono essenziali per dare organicità all’azione di governo. Fare politica significa
scendere tra la gente e toccare con mano quella che è la realtà che stando chiusi nelle
stanze non è quantizzabile. Fare politica innovativa significa non guardare all’oppositore
come un possibile nemico che a tutti i costi si deve sconfiggere. Fare politica attiva
significa ascoltare tutti senza alcuna discriminazione, senza primeggiare, senza nulla di
personale questo è quello che intendiamo e chi oggi siede negli scranni del palazzo prima
di ogni cosa guardare dentro se stesso e dire con franchezza sono all’altezza del compito?
Sono in grado di dare voce a chi non ne ha? Sono capace di mettere in campo le mie
conoscenze? Solo così si riuscirà a guadagnare la fiducia dei molisani. Solo così si
sconfiggerà il disinteresse che è l’unico vincitore fino a questo momento. Ecco perché
guardiamo con fiducia a chi ha il coraggio di mettersi in gioco con la consapevolezza che
la gente è sfiduciata lasciando da parte i personalismi che conducono ad una sola cosa: la
desertificazione morale, politica e soprattutto materiale.

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