L’infiammazione cronica di basso grado è associata ad una alterazione dell’asse dell’onda “T” del nostro elettrocardiogramma, una delle varie caratteristiche che vengono misurate quando si effettua questo esame di routine. La ricerca, condotta dal Dipartimento di epidemiologia e prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, collega due elementi già considerati fattori di rischio per le malattie cardio e cerebrovascolari. Sia la deviazione dell’asse dell’onda T che uno stato di infiammazione cronica sono infatti caratteristiche che precedenti ricerche hanno correlato con la possibilità di essere colpiti da patologie che interessano il sistema cardiovascolare, come infarto e ictus cerebrale.
Lo studio, condotto analizzando i dati relativi a 17.507 abitanti del Molise, tutti partecipanti al Progetto epidemiologico Moli-sani, è il risultato di una collaborazione tra i ricercatori del Neuromed, il Dipartimento di Medicina sportiva dell’Università di Brescia e la AMPS, azienda specializzata nel software di analisi degli ECG. Il lavoro scientifico è stato pubblicato sulla rivista internazionale Thrombosis and Haemostasis.
“L’alterazione dell’asse dell’onda T – dice Licia Iacoviello, capo del Laboratorio di Epidemiologia molecolare e nutrizionale – può essere uno strumento per evidenziare persone che, pur in buona salute, sono maggiormente a rischio di sviluppare patologie cardiovascolari in futuro. D’altro canto, si pensa che l’esistenza di uno stato di infiammazione cronica possa essere un fattore strettamente correlato alle stesse patologie. Ecco perché abbiamo voluto esplorare un possibile collegamento tra questi due elementi”
“Ciò che abbiamo trovato – dice Marialaura Bonaccio, primo autore dello studio – è che questa particolare alterazione dell’elettrocardiogramma si associa proprio con l’infiammazione cronica, soprattutto quella evidenziata da un più alto livello della proteina C reattiva nel sangue. L’ipotesi da verificare, a questo punto, è che l’infiammazione di basso grado possa contribuire a generare la deviazione dell’asse dell’onda T”.
Le prospettive che si aprono seguono due strade: da un lato una migliore comprensione delle complesse interazioni tra i fattori che possono portare alle malattie cardio e cerebrovascolari, dall’altro la possibilità di
consegnare nelle mani dei medici nuovi strumenti per individuare persone maggiormente a rischio, sulle quali concentrare con più energia gli interventi di prevenzione.
“Proprio questo è da sempre uno degli obiettivi principali del Progetto Moli-sani. – dice Giovanni de Gaetano, Capo del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione del Neuromed – Sin dal suo avvio, dieci anni fa, abbiamo puntato sia a individuare nuovi fattori di rischio per le patologie cardiovascolari, sia a caratterizzare meglio quelli già conosciuti. Le persone non sono tutte uguali. E’ per questo che la prevenzione, in futuro, sarà sempre più fatta su misura. Questa ricerca va proprio nella direzione della medicina preventiva personalizzata”.