Purtroppo in Italia sono frequenti i casi di violenza e maltrattamenti sugli animali; ciò tanto a causa di un retaggio culturale errato, che spinge alcune persone a considerarli “inanimati”, quanto di una sorta di vigliaccheria che spinge, in molti casi, gli autori dei reati a riprendersela con degli esseri indifesi (cosa che purtroppo accade anche in altri ambiti).
Il nostro Ordinamento, fortunatamente, ha dato (nel tempo) sempre più importanza alla tutela degli animali, riconoscendo loro una sensibilità e una percezione della sofferenza che prima negava. Difatti, nel 2004, il Legislatore ha inserito nel Libro I del codice penale un nuovo titolo (titolo IX – bis) intitolato: “Dei delitti contro il sentimento per gli animali” (l. 189/2004), avallato dalla Suprema Corte di Cassazione, che ha riconosciuto gli animali quali autonomi esseri viventi, con una propria sensibilità psico-fisica e in grado di reagire agli stimoli del dolore, qualora questi superino la soglia di normale tollerabilità.
Alla luce di dette considerazioni, ad oggi, è punito non solo colui che cagioni sofferenze gravi agli animali, ma anche chi, anche per sola incuria o distrazione, produca loro sofferenza.
Caso tipico è quello dell’abbandono, che oltre a riguardare tutti quegli episodi in cui l’autore del reato, con dolo, allontana l’animale, si estende anche agli episodi di incuria (anche in assenza di dolo).
Ha difatti stabilito la S. C. che integra la contravvenzione di abbandono di animali (p. e p. dall’art. 727, comma primo, c. p.) non solo la condotta di distacco volontario dall’animale, ma anche qualsiasi trascuratezza, disinteresse o mancanza di attenzione verso quest’ultimo, dovendosi includere nella nozione di “abbandono” anche comportamenti colposi improntati ad indifferenza od inerzia nell’immediata ricerca o tutela dell’animale.
Tra gli esempi concreti dell’applicazione estensiva della norma, si riporta il caso dello smarrimento di un cane non denunciato dal proprietario, il quale si era totalmente disinteressato dell’animale non preoccupandosi di ricercarlo; la vicenda giudiziaria si è conclusa con la condanna dell’autore, anche se quest’ultimo aveva commesso il crimine a mero titolo colposo.
Altra condotta menzionabile è quella consumata da un proprietario che ha tenuto per circa un’ora un cane all’interno dell’autovettura parcheggiata al sole e con una temperatura esterna di quasi trenta gradi. La Corte, nel confermare la condanna, ha espressamente affermato che la sofferenza dell’animale può consistere anche nei soli patimenti per lo stesso, a prescindere dal dolo del proprietario e da un’effettiva lesione della sua integrità fisica.
In conclusione si può affermare che dal possesso di un animale deriva, giustamente, una consequenziale responsabilità in capo al proprietario, il quale, in caso di “abbandono”, verrà punito a norma di legge.
Avv. Silvio Tolesino