Le recenti notizie in merito alla situazione di Venafro (centralina di Via Campania) evidenziano già agli inizi del 2020 più di 20 sforamenti che uniti a quanto rilevato nel 2019 (anno in cui si sono registrati 39 sforamenti nella stessa centralina) richiedono prontamente delle azioni di contrasto al fine di tutelare innanzitutto la salute dei cittadini. Un problema annoso, come testimonia il Rapporto 2018 sulla qualità dell’aria in Molise prodotto dall’ARPA Molise, che non si è potuto o voluto affrontare in maniera organica e strutturale. Una situazione in linea con molte delle problematiche presentate nel recente Dossier Malaria di Legambiente Nazionale.
Non è possibile adottare azioni di contrasto strutturali e organiche senza una misurazione e caratterizzazione chimica dei materiali sospesi, dalle quali poter avanzare ipotesi circa le cause, certamente multifattoriali, e quindi i rimedi. Con il rischio di adottare provvedimenti o chiamate di responsabilità inefficaci, quando non errate. Un primo quesito si pone: la strumentazione attualmente disponibile è sufficiente a rilevare i fenomeni e a fornire correttamente e con un adeguato grado di dettaglio la caratterizzazione dei materiali costituenti il particolato? Le risorse umane a ciò deputate sono anch’esse disponibili?
In generale, il traffico veicolare è acclarato essere una causa rilevante del particolato, anche per l’impatto prodotto da pneumatici, freni e altro, tra cui il continuo sollevamento e rimescolamento da parte dei veicoli durante il loro attraversamento in città (tra le altre fonti, si veda il XIV Rapporto ISPRA 2018 sulla “Qualità dell’ambiente urbano”). Il traffico interessa notoriamente l’area di Venafro, valvola di sfogo della mobilità su gomma dell’intera regione. Andrebbe fatto un ragionamento anche su come le carenze del trasporto pubblico su rotaia aumentino la necessità che hanno i molisani di spostarsi in auto. Una riflessione sulla sostenibilità degli attuali stili di vita e modalità di trasporto potrebbe essere discussa con le comunità locali in modo da orientare verso azioni di mobilità sostenibile, ad esempio istituendo zone e isole pedonali; così come definendo dei percorsi ciclabili e favorendo la mobilità residenziale sulle 2 ruote. I camini domestici sono altresì inquinanti, e anche in assenza di traffico veicolare possono essere causa di formazione di particolato. Gli impianti industriali localizzati nell’intorno dell’area in oggetto ed eventualmente in ambiti limitrofi extra-regionali -che per quanto concerne il caso di Venafro richiederebbero un monitoraggio e un coordinamento interregionale con la Campania e il Lazio-, a meno di situazioni eccezionali, dovrebbero -singolarmente- avere dispositivi di controllo a norma di legge, ma non si possono escludere effetti di accumulo e concentrazione, soprattutto in alcune condizioni meteorologiche.
Alla luce di queste premesse, Legambiente Molise non può che unire la sua voce a quella della cittadinanza venafrana nel chiedere chiarimenti e provvedimenti adeguati e articolati su azioni di prevenzione, di monitoraggio e di risposta.
L’associazione esprime un giudizio positivo riguardo all’installazione di nuove centraline, ma queste possono rappresentare “fumo negli occhi” se non si adottano provvedimenti organici, se chi svolge un ruolo prezioso e qualificato nell’attività di monitoraggio, non ha le risorse umane e finanziarie per poter svolgere adeguatamente il suo ruolo istituzionale. Come dunque affrontare già solo uno dei tanti ambiti di monitoraggio ambientale affidati dalla legge all’Agenzia Regionale, se l’ARPA è ad oggi in uno stato commissariale dal 1/12/2015 e con una forte carenza di figure tecniche?
A che punto è il progetto di ammodernamento delle centraline in tutta la Regione? Un progetto che -auspicabilmente – consideri quante centraline sarebbe necessario installare per coprire il territorio regionale, almeno nei suoi punti più critici, secondo un programma articolato in diversi punti sensibili e a diverse altimetrie.
A che punto è l’implementazione delle misure previste dal Piano Regionale Integrato per la Qualità dell’Aria in Molise – P.R.I.A.Mo. e in particolare degli strumenti di incentivazione e monitoraggio previsti per l’Ambito “Città” (che, tra l’altro, si rivolgono anche all’area territoriale in oggetto)?
Per quanto sopradetto – continuano da Legambiente Molise – in merito all’aiuto o all’aggravio che le condizioni meteo possono apportare nel limitare i fenomeni di inquinamento atmosferico, ci chiediamo e chiediamo a chi effettua il monitoraggio degli inquinanti, se questo sia coordinato tempestivamente con le condizioni atmosferiche e con le autorità a ciò preposte.
Bene anche l’avvio dello studio epidemiologico, i cui risultati -attesi tra circa un biennio- potranno avere efficacia solo negli anni a venire. Uno strumento utile potrebbe essere una caratterizzazione delle patologie potenzialmente correlate all’inquinamento nell’area in base ai registri già esistenti.
È necessario intervenire in maniera preventiva e analizzare in serie storica i dati al fine di stimare gli eventuali effetti prodotti dall’inquinamento sulla popolazione dell’area. – Ci chiediamo – dichiarano da Legambiente Molise – in quale stato si trovi il Dipartimento di prevenzione di ASReM e come questo, nell’espletare le sue funzioni in tema di salute pubblica, interagisca con i competenti uffici dell’ARPA.
In una prospettiva organica e strutturale quale quella più volte richiamata, un Osservatorio epidemiologico e un Registro dei Tumori operanti e in rete sono strumenti imprescindibili per la valutazione degli impatti sulla salute pubblica. Ma i tempi di entrata a regime non sono brevi e i provvedimenti a supporto del loro funzionamento devono avere un respiro medio-lungo con una coerente strategia, previsione di strumenti e dotazione di risorse.
Una Cabina di Regia potrebbe essere sperimentata per lo studio, la prevenzione, il monitoraggio, il contrasto dei fenomeni di inquinamento e dei loro impatti proprio a partire dal caso pilota di Venafro, mettendo a sistema organi coinvolti istituzionalmente e ampliando la collaborazione ad altri soggetti competenti presenti sul territorio (tra questi, l’Università); ciò anche al fine di predisporre e implementare nell’area pilota un Piano antinquinamento a medio termine e misurarne l’efficacia. Una sperimentazione pilota che a regime potrebbe essere estesa ad altre realtà del territorio regionale – si pensa ai capoluoghi provinciali, e ai due centri più a rischio di Bojano e Termoli-, la cui situazione ad oggi sarebbe nel rispetto dei limiti di legge e senza conclamate rischiosità, ma che non si esclude potrebbe richiedere attenzione in un futuro più o meno prossimo.