Il rapporto“2018 Women in Tech Index”, ha preso in esame i divari salariali uomo-donna dell’industria tecnologica nei Paesi Ocse e dell’Unione europea, l’analisi condotta dalla piattaforma Honeypot , ha fatto emergere una disuguaglianza diffusa in gran parte del settore tecnologico con alcune eccezioni, l’Italia vanta, in generale, il divario meno profondo tra oltre 40 Paesi Ocse e dell’Ue: solo il 5,5%, lo stesso del Lussemburgo.
Secondo lo studio in Italia lavora il 42,37% delle donne, delle quali il 14,21% è occupata nell’industria di alta tecnologia, settore in cui lo stipendio medio si aggira attorno ai 36.200 euro, ma per le donne scende a 29.900 segnando un divario salariale del 17,40%.
Va meglio nel panorama globale italiano: considerando tutti i settori, la differenza tra le retribuzioni maschili e quelle femminili è del 5,5%.
L’andamento è lo stesso da qualche anno se si considera che dal 2010 al 2015 il divario è sceso del -2,12%, il numero è molto più basso di quello dei Paesi virtuosi come la Svezia (14%), l’Islanda (13,7%), l’Olanda (16%) o la Francia (14,8%), di gran lunga al di sotto del 36% totalizzato dalla Corea del Sud.
Gli altri fanno meglio nel tecnologico; Portogallo, Usa e Lettonia sono i Paesi che offrono di più alle donne per quanto guarda il settore tech, dove la differenza salariale è solo del 6-7% contro il 17-18% del divario di tutto il mondo del lavoro. Gli Usa sono anche il Paese in cui le donne che lavorano nell’IT guadagnano di più: 70.153 euro all’anno in media, seguono l’Irlanda con 49.052 euro e la Svizzera con 47.814.
Il primato per la maggiore partecipazione femminile nell’industria tech è detenuto dalla Bulgaria (30%), seguita dall’Australia (28%) e dalla Romania (26%).
La parità di genere sul posto di lavoro non è solo una questione etica e morale, ma anche economica, “Secondo McKinsey se si compissero dei passi in avanti per quanto riguarda la questione femminile, entro il 2025 si conterebbero 12 mila miliardi di dollari in più sul PIL globale.
Alfredo Magnifico
