Le disuguaglianze nei contratti collettivi, aumenti si, ma non per tutti

Il 2024 sarà un anno cruciale per i rinnovi, contrattuali, settori forti come metalmeccanica e chimica cercano di tenere il passo con l’inflazione, al contrario le imprese più fragili del terziario-servizi non riescono a sostenere la crescita salariale.

I Contrari al salario minimo urlano: “La soluzione per avere salari dignitosi è nella contrattazione collettiva”, ma… dipende da quale contratto ti capita e in che settore lavori.

Non parlo dei «contratti pirata» sottoscritti da sigle sindacali non del trio, ma di quei contratti firmati da Cgil, Cisl e Uil e dalle principali associazioni datoriali.

La differenza, soprattutto negli anni della fiammata inflazionistica, non è  avere un contratto nazionale – i famosi Ccnl – ma un contratto non scaduto, con qualche euro in più in busta paga per recuperare potere d’acquisto.

Il 2024 sarà un anno cruciale, se non verranno rinnovati i contratti del commercio, del turismo e della ristorazione che interessano oltre 5 milioni di lavoratori, scaduti da oltre quattro anni, si potrà arrivare al record di 10 milioni di lavoratori con contratti scaduti, il tempo di attesa per il rinnovo è più di due anni e mezzo.

L’ Istat nel terzo trimestre 2023 testava una platea di 6,7 milioni di lavoratori con il contratto scaduto, oltre la metà del totale dei dipendenti privati, da allora, abbiamo avuto solo il rinnovo dei 270mila bancari e qualche giorno fa, il rinnovo del contratto dei dipendenti degli studi professionali, scaduto nel 2018.

A fine 2023 sono scaduti anche i contratti di logistica portuale, autoferrotranvieri e calzature, a marzo scadranno quello della moda e della logistica; a giugno sarà la volta di metalmeccanici (hanno già ricevuto un aumento lo scorso giugno e a dicembre è stata raggiunta una prima intesa), edilizia, ospedalità privata ed entro fine anno andranno rinnovati energia, cemento e carta.

Nell’industria su 4,7 milioni di lavoratori, circa l’84%, ha un contratto in vigore, il rinnovo del contratto alimentare ha raggiunto l’accordo solo sull’incremento economico di 214 euro, mentre nella chimica e farmaceutica – il contratto  scade nel 2025 – a gennaio hanno addirittura anticipato gli anticipi previsti da luglio per dare un sostegno contro l’inflazione.

Le cose vanno diversamente sui tavoli degli altri negoziati; Nel terziario, da mesi trattano su un’intesa scaduta nel 2019, ma l’accordo non è ancora stato trovato ( ognuna delle 12 controparti datoriali sigla il proprio contratto), 3 milioni di lavoratori nel commercio e nei servizi e circa 2,5 tra turismo, alberghi e ristorazione.

Poi ci sono anche casi come quello della vigilanza privata, rinnovato da CGIL-CISL-UIL con cifre talmente basse da portare i lavoratori a richiedere l’intervento della magistratura, e …dopo diversi interventi della magistratura e otto mesi di trattative, è appena stato raggiunto un ulteriore accordo al rialzo.

Le caratteristiche della metalmeccanica e della chimica permettono tale dinamica, si tratta di settori ad alta intensità di capitale, nei quali il costo del lavoro ha un peso minore», nei servizi si trova la parte più fragile del tessuto produttivo italiano, bassa produttività, che non riesce a compensare gli aumenti del costo del lavoro con aumenti della produttività quindi -Salari bassi e dinamiche deboli-.

La ripresa dei consumi sarà molto contenuta, i settori che poggiano sulla domanda interna e dove ci sono queste imprese più fragili tenderanno a resistere alle pressioni salariali, si formeranno condizioni economiche differenziate delle imprese: alcune forti che elargiranno aumenti salariali e altre ai margini che non saranno capaci di sostenere una crescita salariale.

I settori più deboli sono quelli dove vigono i Ccnl “non confederali” hanno un’incidenza maggiore di rapporti di lavoro a tempo parziale e di contratti di breve durata e interessano principalmente cooperative e settori come i servizi alle imprese, alla persona, il commercio e la logistica.

Se i contratti si rinnovano solo nei settori dove i salari sono già relativamente elevati come chimica e manifatturiero, la contrattazione collettiva italiana finisce (incredibilmente) per diventare un generatore di disuguaglianze.

Per non parlare dei dipendenti pubblici; su 29 contratti scaduti, tre sono nell’industria, undici nei servizi privati e quindici nella pubblica amministrazione.

Il salario minimo forse non risolve il problema, ma neanche la contrattazione collettiva se non avrà il supporto logistico del governo, così come avveniva in anni passati quando il ministero del lavoro svolgeva un compito attivo di mediazione tra le parti-

Alfredo Magnifico

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