Riportiamo il testo integrale dell’articolo a firma di Sergio Rizzo, relativo al ‘caso’ Biocom-Frattura, pubblicato su Repubblica lo scorso 18 settembre.
Voltafaccia e insabbiamenti i colpi bassi tra governatori nella regione dei veleni
DI SENTENZE del Consiglio di Stato che ribaltano in appello decisioni del Tar ne abbiamo viste a bizzeffe. Nessuna, però, come quella che costringerà una piccola società molisana a restituire alla Regione 265mila euro di contributi pubblici revocati. C’è tutto, dietro quelle otto paginette sfornate dalla quinta sezione di palazzo Spada e pubblicate il 12 settembre. C’è l’inaccettabile lentezza della giustizia: quasi cinque anni dal primo al secondo grado. E c’è la solita stucchevole commistione fra la politica e gli affari, proposta in una versione inedita. Perché il proprietario della piccola società di cui sopra, la Biocom srl, che ora deve restituire i denari alla Regione, era lo stesso governatore regionale Paolo Di Laura Frattura. Ma c’è, soprattutto, l’istantanea di un mondo nel quale il confine fra interessi pubblici e privati si dissolve in una nebbia impalpabile: la destra con la sinistra, i rapporti personali con la funzione pubblica, il giudice con l’imputato.
La vicenda comincia dieci anni fa, quando un imprenditore chiede i contributi alla Regione per un impianto di biomasse a Termoli. I soldi pubblici non mancano. Dopo il terremoto del 2002 nel Molise si è riversato un fiume gonfio di euro. Così tanti quattrini che il governatore forzista Michele Iorio innaffia l’intera Regione, finanziando di tutto: fabbriche di automobili, allevamenti di seppie, ippovie, trasmissioni televisive… E qualche gocciolina arriva anche alla Biocom. Il suo proprietario si chiama Paolo Di Laura Frattura, figlio di quel Ferdinando governatore molisano nel 1988. Anche lui coltiva ambizioni politiche, ed è legatissimo a Iorio. Tanto che nella sua scia si candida per ben due volte alla Regione con Forza Italia ma non viene eletto.
Poco importa. Per quell’intreccio fra politica, affari, amicizie e parentele in salsa molisana sono anni ruggenti. Gli anni in cui Frattura con la sua società Immobiliare Le Torri realizza un complesso edilizio che ha già una destinazione precisa: sarà la nuova sede della Regione. L’impresa che materialmente la costruisce si chiama Nidaco, ed è di proprietà di Nicandro Cotugno, socio di minoranza della sua Immobiliare nonché figlio del futuro presidente del consiglio regionale Vincenzo Cotugno e di sua moglie Giuseppina Patriciello, sorella del potentissimo eurodeputato Pdl Aldo Patriciello.
Tutto sembra filare per il verso giusto, finché a giugno 2011 la Regione revoca il finanziamento di 265mila euro alla Biocom perché l’impianto non è stato realizzato nei tempi stabiliti. La colpa è delle lungaggini burocratiche al Comune di Termoli, ma comunque Frattura deve restituire i soldi. E dopo questa tegola, eccone subito un’altra ben più grossa. Iorio decide di acquisire la nuova sede con bando pubblico, facendo così sfumare la vendita alla Regione del complesso edilizio dell’Immobiliare: un affare da 60 milioni. Il colpo è durissimo. In questo scenario, con le elezioni regionali alle porte, matura un clamoroso strappo politico. Frattura molla Iorio e si candida con il centrosinistra benedetto anche da Renzi. Iorio però vince ancora. Frattura non si perde d’animo e fa ricorso al Tar, che gli dà ragione: le elezioni si devono ripetere. Presidente del Tar è Goffredo Zaccardi, ex capo di gabinetto di Bersani. Ed è lo stesso Tar che qualche mese dopo gli dà ancora ragione annullando pure la revoca del finanziamento regionale alla Biocom.
Le elezioni del febbraio 2013 sono un trionfo di Frattura e del clan. L’incarico di capo di gabinetto va a Mariolga Mogavero, ingegnere che condivide con Gilda Maria Antonelli, la compagna del governatore, il pacchetto azionario della società Gap consulting che aspira a realizzare un altro impianto a biomasse con supporto regionale. Suo marito Luca Di Domenico, per giunta, è il fratello di Marilina Di Domenico, ex assessora della giunta comunale di Campobasso già guidata da Giuseppe Di Fabio che è il mandatario elettorale di Frattura.
A guastare la festa ci pensa Iorio. Il 14 marzo 2013, due giorni prima dell’insediamento del nuovo presidente, l’ormai ex governatore firma il ricorso al Consiglio di stato contro la sentenza di Zaccardi sul finanziamento dell’impianto a biomasse mai realizzato. E della cosa inizia a interessarsi anche un sostituto procuratore di Campobasso. Convinto che nell’affare dei finanziamenti pubblici a Biocom ci sia qualcosa da chiarire, Fabio Papa incarica la squadra mobile di indagare. Ottenendo una risposta pressoché immediata e lapidaria: «Non vi sono rilevi di natura penale». Il pm non si fida e chiede un supplemento d’inchiesta, stavolta alla Digos. A questo punto interviene il questore di Campobasso, che dirotta l’indagine di nuovo alla mobile. L’ingerenza manda Papa su tutte le furie e il questore si ritrova indagato per il reato di abuso d’ufficio. A cui si aggiunge l’ipotesi di favoreggiamento personale, suffragata da un dettaglio: il capo di gabinetto del questore è Giuliana Di Laura Frattura, la sorella del presidente della Regione.
In men che non si dica la situazione precipita in un diluvio di veleni. Papa deve lasciare l’inchiesta, affidata a un suo collega colto dal fotografo di un giornale locale a tavola con l’avvocato di Frattura. E viene subito archiviata. Idem l’indagine sul finanziamento a Biocom. Frattura, poi, lo querela e Papa va sotto processo. L’accusa, un presunto ricatto ai suoi danni messo a punto durante una cena fra lui, il pm e la giornalista Manuela Petescia, amica di Papa e direttrice di una tivù locale (Telemolise) implacabile con il governatore che si è vista bloccare i contributi pubblici. Episodio denunciato solo un anno e mezzo dopo la data (incerta) in cui sarebbe avvenuto, con unico testimone sempre l’avvocato di Frattura. Di più: nel dibattimento emerge il particolare che quella cena non c’è mai stata. Papa è scagionato, ma intanto l’hanno spedito a occuparsi delle scartoffie del tribunale civile di Chieti.
Mentre dal passato ecco riemergere il fantasma di quei 265mila euro pubblici versati dieci anni fa alla società del governatore, che ora dovrebbero essere restituiti alla Regione. Subito dopo l’elezione, nel marzo 2013, Frattura ha provveduto a liberarsi del pacchetto azionario della Biocom, che peraltro era stata già messa in liquidazione, vendendolo proprio al liquidatore. Un altro politico: il commercialista Vittorio Del Cioppo, candidato nel 2013 con i dipietristi al consiglio regionale. Nel suo caso, senza fortuna. Dietro le quinte, però, c’è ancora Frattura. L’avvocato della Biocom di Del Cioppo nella causa al Consiglio di Stato contro la Regione è sempre lo stesso Salvatore Di Pardo: il legale del governatore. E Frattura non può far altro che riconoscere il debito. All’epoca ha dovuto rilasciare una fidejussione alla Regione che ora, come presidente della Regione vittorioso nella causa contro se stesso, dovrà escutere a se stesso.