La degustazione, come il corretto abbinamento cibo-vino, non è una novità. Anzi, è una pratica sempre più diffusa che permette di scoprire e capire i caratteri organolettici di un vino, pregi e difetti. Nel 2003, grazie all’Enoteca italiana di Siena, è uscito un libro “Sensi di vini – Il segreto del cervello nella degustazione “ che riporta, per la prima volta, il punto di vista di neurologi di fama mondiale con i risultati di una ricerca mediante risonanza magnetica, che hanno fatto capire il fondamentale ruolo di quella macchina meravigliosa che è il cervello. “Questi risultati – scrive, nel suo saluto di presentazione, il premio Nobel Rita Levi-Montalicini, che ho avuto la gioia di conoscere – pongono in evidenza la straordinaria proprietà del cervello umano di registrare un processo così altamente differenziato nella degustazione di una bevanda complessa quale quella del vino”. In pratica dal confronto di due gruppi di soggetti, sette sommelier, cioè esperti, e sette senza esperienza di tecniche degustative, è venuto fuori che vengono attivate aree diverse, nel caso del primo gruppo, più ampie.
Il libro pensato da Benigna Mallebrein, giornalista tedesca in Italia, e illustrato da un grande artista, Michael Auth, è stato curato da un grande scienziato tedesco, Prof. Jürgen Mai, relatore al congresso mondiale sul cervello umano, che si è tenuto, nel 2002, a Roma presso la Fondazione Santa Lucia e che ha visto protagonista l’Enoteca italiana con i suoi grandi vini italiani Doc e Docg.Un libro fortunato, uscito in italiano e tedesco e, lo scorso anno – come mi ha subito informato il prof. Mai – anche in russo, che mi viene richiesto da molti ricercatori, soprattutto nel campo filosofico, di Università del mondo, ultima la prof.ssa Giorgia Cecchinato, insegnante di filosofia presso l’Università di Belo Horizonte in Brasile.
Di questo stupendo libro riporto quanto è scritto in quarta di copertina “Gustare il vino è un’arte, che va sviluppata nel tempo con un approfondimento costante. Il sapere del sapore, infatti, aumenta il sapore del gusto”. Un pensiero che mi trova perfettamente d’accordo e che mette in luce il ruolo fondamentale di quanti professano con grande passione quest’arte della degustazione. Una verità di cui si era occupato qualche decennio prima uno studioso si Storia economica, il prof. Federigo Melis, che si definisce “un modesto dilettante, in materia” e racconta .”Il mio interesse per il vino – il gusto del quale, in me innato, mi è piaciuto di educare – si può riassumere nel termine oggi di moda: un hobby, che mi aiuta a sollevarmi dalle sudate carte della disciplina di mia specializzazione – la Storia economica – dalla quale ho, tuttavia, tratto qualche elemento alle mie indagini, alle mie riflessioni sui temi vitivinicoli: se non altro, perchè io localizzo i miei studi nel basso Medioevo, che è il periodo in cui rinasce il vino, così come rinascono tanti aspetti salienti dell’alimentazione”.
L’ illustre studioso, autore di un libro stupendo, edito dalla Casa editrice, Le Monnier di Firenze, “Il vino nel Medioevo”, è un “dilettante” che conosce molto bene il vino, la sua storia e, di essa, uno dei periodi più importanti quando il vino, con la rivoluzione dei trasporti, si apre a nuovi mercati e, quindi, a nuovi consumatori soprattutto per stare a tavola e combinarsi con i cibi, che educa il proprio gusto e prova gli abbinamenti stabilendo che “è proprio il vino che agisce da fattore di allacciamento, di coesione e connessione …secondo regole precise ed in maniera da formare un sistema”. Un sistema che deve trovare la sua realizzazione in ogni zona d’Italia e, visto come sono andate le cose in fatto di globalizzazione, anche nel mondo, tenendo presente un dato, e cioè, che “in moltissime località, il vino sembra fatto apposta per taluni piatti e viceversa. Una correlazione che riporta al concetto dell’origine, il territorio. E il territorio, straordinario bene comune solo dal quale è possibile programmare il futuro di un Comune, di una Regione o di un Paese, merita rispetto, soprattutto se l’intento è di valorizzarlo e promuoverlo e non di schernirlo e maltrattarlo.
Una regola fondamentale, che i professionisti della degustazione e degli abbinamenti conoscono molto bene, è quella di un crescendo che fa divieto di tornare indietro nella sequenza dei piatti e dei vini, e questo per dare risalto al gusto, o meglio, al piacere del gusto. In pratica partire da un vino bianco per poi passare al rosato e al rosso; da un vino giovane a un vino invecchiato; da uno a bassa gradazione a uno a più alcolico. Non a caso, parlando di abbinamento, si dice “si sposa” molto bene con questo piatto, cioè esprime armonia nel senso che si lega bene ed esalta il gusto, senza soluzione di continuità, appunto in un crescendo di piacere, del cibo, del vino e della tavola.
Pasquale Di Lena