«una mente senza emozioni non è affatto una mente, è solo un’anima di ghiaccio: una creatura fredda, inerte, priva di desideri, di paure, di affanni, di dolori o di piaceri”
LeDoux
Cosa sono le emozioni?
Il concetto di emozione non è univoco, né riconosciuto da tutti nello stesso modo.
Molti studiosi ne hanno fornito definizioni diverse. La maggior parte, però, si trova d’accordo nel circoscrivere l’emozione come «un’interpretazione interna di stimoli esterni» (Tuffanelli, 2006, p.165).
Daniel Goleman le descrive come «impulsi ad agire, [cioè] piani d’azione dei quali ci ha dotato l’evoluzione per gestire in tempo reale le emergenze della vita».
Ciascuna emozione comporta modificazioni fisiologiche nell’individuo e prepara il corpo a seconda della natura della stessa (Goleman, 1996/1998).
La paura, per esempio, si manifesta con modalità completamente opposte alla gioia, ma la stessa paura, pur presentando caratteristiche immutabili, può manifestarsi con sfumature che variano da persona a persona.
Pertanto non possiamo parlare di emozioni uguali per tutti oppure unicamente positive o negative.
La tristezza a primo acchito è ritenuta un’emozione negativa, tuttavia essa è necessaria e utile in situazioni di dolore, perché attiva nella ricerca di aiuto e innesca il processo di elaborazione dell’esperienza dolorosa.
Sebbene potrebbe sembrare strano, anche l’ansia, nota come fonte di sofferenza per la persona che la esperisce, ha aspetti positivi in quanto serve per procurare un’attivazione tale da permetterci di risolvere situazioni problematiche; diventa negativa quando l’attivazione supera la soglia di adattabilità diventando uno stato di allarme e paura anche in assenza di uno stimolo congruente alla reazione causando la compromissione del funzionamento dell’individuo e la perdita di controllo delle emozioni (Cornoldi, Sanavio, 2001).
In psicologia, le emozioni sono definite come uno stato complesso di sentimenti che si traducono in cambiamenti fisici e psicologici che influenzano il pensiero e il comportamento (Cfr. L. Mecacci)
Le emozioni, dunque, sono reazioni a uno stimolo ambientale, sono brevi rispetto ai sentimenti, provocano cambiamenti a tre diversi livelli:
a – fisiologico: che comprendono quindi fenomeni fisici in tutto il corpo (cambiamenti della respirazione, della pressione arteriosa, del battito cardiaco, o tensione muscolare, o pilo erezione, oppure ancora influenza nella digestione, dilatazione delle pupille e così via);
b – comportamentale: determinano svariate espressioni facciali, la postura, il tono della voce e, assieme spingono le reazioni (ad esempio, chiusura e apertura, oppure attacco o fuga, oppure ancora tenerezza o aggressività, e così via);
c – psicologico: sensazione soggettiva, alterazione del controllo di sé e delle proprie abilità cognitive
Dagli studi effettuati si sono individuate due grandi famiglie di emozioni: le emozioni primarie e quelle secondarie. Le prime sono innate e presenti in ogni popolazione, per questo sono definite anche “universali”; mentre le secondarie originano dalle primarie e nascono dall’interazione sociale.
Un grande contributo allo studio sulle emozioni fu dato da Ekman che osservando una tribù indigena notò come alcune espressioni emotive fossero largamente condivise. Pertanto distinse le emozioni primarie in:
· rabbia, generata dalla frustrazione che si può manifestare attraverso l’aggressività;
·paura, emozione dominata dall’istinto che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto ad una situazione pericolosa;
·tristezza, si origina a seguito di una perdita o da uno scopo non raggiunto;
·gioia, stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri;
· sorpresa, si origina da un evento inaspettato, seguito da paura o gioia;
· disprezzo, sentimento e atteggiamento di totale mancanza di stima e disdegnato rifiuto verso persone o cose, considerate prive di dignità morale o intellettuale;
· disgusto, risposta repulsiva caratterizzata da un’espressione facciale specifica.
Mentre individuò come secondarie:
· allegria, sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo;
· invidia, stato emozionale in cui un soggetto sente un forte desiderio di avere ciò che l’altro possiede;
·vergogna, reazione emotiva che si prova in conseguenza alla trasgressione di regole sociali;
·ansia, reazione emotiva dovuta al prefigurarsi di un pericolo ipotetico, futuro e distante;
·rassegnazione, disposizione d’animo di chi accetta pazientemente un dolore, una sfortuna;
·gelosia, stato emotivo che deriva dalla paura di perdere qualcosa che appartiene già al soggetto;
·speranza, tendenza a ritenere che fenomeni o eventi siano gestibili e controllabili e quindi indirizzabili verso esiti sperati come migliori;
·perdono, sostituzione delle emozioni negative che seguono un’offesa percepita (es. rabbia, paura) con delle emozioni positive (es. empatia, compassione);
·offesa, danno morale che si arreca a una persona con atti o con parole;
· nostalgia, stato di malessere causato da un acuto desiderio di un luogo lontano, di una cosa o di una persona assente o perduta, di una situazione finita che si vorrebbe rivivere;
· rimorso, stato di pena o turbamento psicologico sperimentato da chi ritiene di aver tenuto comportamenti o azioni contrari al proprio codice morale;
· delusione, stato d’animo di tristezza provocato dalla constatazione che le aspettative, le speranze coltivate non hanno riscontro nella realtà. (Ekman, P. (2008). Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Editore Amrita, collana Scienza e Compassione).
Riguardo allo sviluppo emotivo del bambino, numerose altre ricerche hanno dimostrato che i neonati manifestano le emozioni primarie di gioia, paura e ira, intorno ai 3 mesi si distinguono sentimenti di piacere distinti da quelli di sofferenza.
Circa a 12 mesi il bambino esprime emozioni piacevoli suscitate in lui dall’ambiente circostante, a 18 rispondono in modo diverso di fronte ad un volto sorridente o spaventato e si evidenzia la comparsa della gelosia, dai 2 anni in poi cominciano a manifestare emozioni complesse come la vergogna fino a giungere i 5 anni, tempo in cui il bambino possiede un corredo completo di emozioni anche se non riescono a distinguere contemporaneamente due emozioni contrastanti. Dopo i 6 anni, grazie al processo evolutivo ed al confronto con gli altri, possibile specialmente in ambito scolastico, il bambino è in grado di comprendere con più sicurezza i suoi stati emotivi riuscendo anche a fingere le emozioni che prova ed a controllarle (Psicologia generale e dello sviluppo in tasca ed. Simone).
(Continua… alla prossima puntata)
dott.ssa Antonella Petrella, psicologa psicoterapeuta