Il giorno dopo la Su e Giù è ugualeda 40 anni, con le sue domande tipo:
Tu ci sei andato? Con chi? Quanto sei arrivato? Ti è piaciuto il pacco gara?
Domande retoriche, di circostanza ma che vengono fuori spontaneamente da chi ha partecipato alla stracittadina campobassana.
E poi, ma quante persone c’erano? Più dello scorso anno?
E così via. Il tutto commentando le pagine colorate dei quotidiani, che dedicano a tale evento il giusto spazio al loro interno, con tanto di immagini e gallerie fotografiche degne di un piccolo almanacco.
Un’analisi però, va fatta anche dal punto di vista dell’approccio sociale a tale manifestazione.
Senza retorica.
La Su è Giù rientra in un patrimonio storico e collettivo, oltre che sportivo, secondo (anzi terzo!) soltanto alla Sfilata dei Misteri ed alla Processione del Venerdì Santo.
Nessuna commistione contenutistica, bensì un mero ragionamento di attesa, partecipazione e risposta di una città notoriamente freddina nei confronti di molte attività sportive e comunque di aggregazione sociale.
Per la Su è Giù e solo per essa è diverso.
Da quando spuntano le bandierine giallo/blu che ricordano i colori del Gruppo sportivo Virtus, da quando compiano le strisce gialle lungo il percorso, si comincia a capire che la corsa è in arrivo, fino al giorno in cui i vari striscioni promozionali ne ufficializzano la data.
È simpatico, poi, che in molti ancora si chiedono ad ottobre: ma quando si fa la Su e Giù quest’anno?
E sfugge che cade sempre la seconda domenica di novembre. Ma è bello anche questo, che comunque è un indice di curiosità e di vivacità popolare.
In molti non immaginano, poi, cosa davvero ci sia dietro ad un evento simile.
Quanto lavoro, quante notti e quante riunioni per mettere insieme sponsor, logistica, pacchi gara, transenne, radioamatori, corner con il ristoro, impianto audio e video, volantini, tipografia, timbri, uffici comunali…
Un lavoro che dura mesi e che ogni anno viene ripagato da 6000 persone, quest’anno di più, che si recano presso i punti iscrizione, pagano alcuni euro per il pettorale e si apprestano a diventare podisti per un giorno.
Ed a guardare loro, a prenderli in giro ed incitare i 6000, altre migliaia di amici, curiosi parenti e passanti, ben fermi all’arrivo e pronti a scattare foto ricordo.
Così da 40 anni; stesse emozioni, stessi piccoli contrattempi, stessa ansia per il tempo che “…non dovrebbe piovere fino alle 2….”
Purtroppo manca qualche persona e nonostante passino gli anni, certe assenze le avverti sempre.
Si sa, la vita a volte è strana e crudele.
Viene a prendersi chi meno ti spetti, così all’improvviso, ma nonostante quello, sembra che chi non c’è fisicamente, stia sempre là a darti una mano, specialmente nei momenti in cui magari pensi “non ce la facciamo”.
Chi in punta di piedi ha costruito un evento ormai entrato nel DNA della città che ha il piacere di ospitarlo, padrone un’educazione fuori dal comune, ma allo stesso tempo ricco di uno spirito battagliero e vincente, e che sempre in punta di piedi è andato via lasciandosi un inconfondibile profumo di tabacco.
A chi resta, il compito di proseguire sul solco tracciato e che a distanza di tre anni quel solco non solo lo ha ricalcato alla grande, ma lo ha anche allargato.