di Massimo Dalla Torre
La non attribuzione ad Agnone del titolo di nome e di fatto a Capitale della Cultura 2026, sotto molti punti di vista è l’ennesima dimostrazione che, nonostante abbiamo tutte le carte in regola, qualcosa, come sempre del resto, non ha funzionato a dovere.
Senza nulla togliere alla blasonatissima l’Aquila, ricca di storia, tradizioni e soprattutto vittima di un terremoto che la ferita nel profondo, la citta’ capoluogo di regione dell’Abruzzo forte e gentile, come lo definiva il vate per eccellenza, ossia Gabriele D’annunzio anche se pescarese di porta nuova, e’ stata premiata soprattutto dalla tenacia di chi governa ma soprattutto e’ stata sponsorizzata da chi quotidianamente da visibilita’ ad una citta’ ed a un territorio che, a differenza del Molise , e’ tenace e propositivo, forse questo e’ quello che e’ mancato anche se Agnone aveva la paggella piu’ alta con una presentazione di tutto rispetto che, pero’ non e’ servita affinche’ la cultura, quella con la “C” maiuscola approdasse nell’atene del sannio come veniva appellata la citta’ della pontificia fonderia Marinelli forgiatrice di campane da oltre mille anni e della ndocciata, il fiume di fuoco che illumina la notte della vigilia natalizia.
Agnone patria di studiosi, letterari, scrittori ma soprattutto fucina di tradizioni che, pero’, hanno premiato la citta’ della “perdonanza” che ha trionfato lasciando con l’amaro in bocca quanti speravano in un risultato positivo per la cittadina famosa anche per i dolci e non solo, come confetti ricci e le ostie ma soprattutto perche’ secoli addietro orafi veneti, di cui sono visibili ancora le vestigia, hanno lasciato un impronta importante per il territorio.
Agnone che sicuramente, come preannunciato da chi con forza ha sponsorizzato la cittadina alto molisana, ci riprovera’ affinche’ si possa sdoganare definitivamente capovolgendo il concetto che il Molise e le sue caratteristiche non esiste ma esiste a tutti gli effetti…scusate se è poco.