Oltre al settore delle armi “proprie” (per la cui detenzione occorre il porto d’armi) esiste un vasto settore di armi “fittizie” che hanno le stesse sembianze e caratteristiche di quelle reali, ma non sono lesive. Nonostante il meccanismo sia simile a quello di un’arma propria, le cd. “scacciacani” utilizzano munizioni prive di ogiva, emettendo al momento dell’esplosione soltanto un rumoroso, ma innocuo, boato.
Visto l’aspetto ingannevole di questi strumenti (che assomigliano in tutto e per tutto alle armi da fuoco), molti si pongono il problema della liceità del loro acquisto e della loro detenzione.
Ebbene, questi oggetti agli occhi della legge sono pacificamente liberalizzati, perché non lesivi dell’incolumità altrui (restando ovviamente illeciti gli utilizzi impropri e criminosi).
Ai sensi del D. L. vo 204/2010, infatti, le pistole “semiautomatiche” di cui sopra (come, ad esempio, il “modello 92 cal. 8 mm. K” e il modello “85 auto, calibro 8 mm K”), sono armi totalmente liberalizzate.
Più precisamente detti beni rientrano nella categoria degli “strumenti riproducenti armi”, classificati come strumenti in metallo a forma di arma che possono sparare cartucce a salve (ad esempio il cal. 6 e il cal. 8).
Le munizioni e le pistole letali (vere) passano infatti dal calibro 7,65 al calibro 9, mentre il calibro 8 mm è specifico delle cd. “scacciacani” (tanto è vero che nelle custodie non è specificato alcun limite al loro uso e al loro trasporto).
Per riconoscere le armi fittizie, in realtà, occorrerebbe osservarne la canna che, nelle riproduzioni, culmina con un tappo di colore rosso (la cui rimozione, però, non è stata sanzionata lasciando nel nostro ordinamento un vuoto normativo).
A conferma di quanto detto, la Corte di Cassazione Penale (Sez. I, sentenza n. 1279 del 16-03-1994) ha sancito che non è inquadrabile nell’ambito delle previsioni di cui all’art. 697 c. p. (detenzione abusiva di armi) la detenzione di una pistola “scacciacani”, giacché tale oggetto non è da considerare arma in senso tecnico-giuridico e, trattandosi di strumento destinato a produrre soltanto effetti sonori, esclude la configurazione del reato (riguardante invece soltanto la detenzione delle armi proprie e delle munizioni per armi comuni da sparo).
Inoltre, nel caso di utilizzo in luogo pubblico, poiché le armi giocattolo non espellono proiettili di alcuna specie, provocando soltanto il rumore conseguente all’esplosione delle cartucce a salve e una trascurabile emissione di gas e di fumo dovuti alla combustione della polvere pirica, anche l’uso improprio e molesto di simili congegni può realizzare, eventualmente, soltanto l’ipotesi criminosa di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 c. p.) e non già quella di getto pericoloso di cose, prevista e punita dall’art. 674 c. p. (Cass. pen. Sez. I, 20-12-1994, n. 1076).
In conclusione, atteso che le “armi a salve” sono prive di una disciplina giuridica restrittiva ma si prestano, inevitabilmente, ad un utilizzo illecito, sarebbe auspicabile dotarle di forma e caratteristiche tali da palesarne, anche ad occhi inesperti, l’inoffensività.
Avv. Silvio Tolesino
La disciplina delle pseudo-armi: caratteristiche e liceità
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