La Dieta Mediterranea è associata ad un minor rischio di mortalità nelle persone con diagnosi di tumore 

Seguire questo modello alimentare anche dopo una diagnosi di tumore è associato a una ridotta mortalità, soprattutto per malattie cardiovascolari. A dirlo uno studio condotto dalla Piattaforma Congiunta Fondazione Umberto Veronesi ETS – I.R.C.C.S. Neuromed che ha analizzato i dati dello studio Moli-sani.

La Dieta Mediterranea si rivela un ottimo alleato per la salute anche dopo una diagnosi di tumore. È il risultato di uno studio realizzato nell’ambito del Progetto UMBERTO, condotto dalla Piattaforma Congiunta Fondazione Umberto Veronesi ETS – Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), in collaborazione con l’Università LUM “Giuseppe Degennaro” di Casamassima (BA).

La ricerca ha mostrato che le persone che avevano ricevuto una diagnosi per qualsiasi tipo di tumore e che avevano aderito, nell’anno precedente il loro ingresso nello studio, ad uno stile alimentare ispirato ai principi mediterranei vivono più a lungo rispetto a chi aderisce meno alla Dieta Mediterranea.

Pubblicata sulla prestigiosa rivista americana JACC CardioOncology, la ricerca ha analizzato i dati di 800 adulti italiani, uomini e donne, che al momento dell’ingresso nello studio epidemiologico Moli-sani avevano già avuto una diagnosi di tumore. I partecipanti sono stati
seguiti per oltre 13 anni e per tutti loro erano disponibili dettagliate informazioni sui consumi alimentari.

“Il ruolo protettivo della Dieta Mediterranea nella prevenzione primaria di alcuni tumori è ben noto in letteratura – dice Marialaura Bonaccio, primo autore dello studio e Co-Principal Investigator della Piattaforma congiunta Fondazione Umberto Veronesi ETS- I.R.C.C.S. Neuromed presso il Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed – Tuttavia, si sa ancora poco sui potenziali benefici che questo modello alimentare può avere per chi invece ha già avuto una diagnosi di tumore”.


Considerando che il numero di pazienti che sopravvive a lungo al cancro è destinato ad aumentare nel tempo, grazie a terapie sempre più mirate ed efficaci, è cruciale capire se e quanto lo stile di vita a tavola può prolungare la loro sopravvivenza. Ecco perché i ricercatori hanno voluto indagare il ruolo della Dieta Mediterranea in relazione al rischio di mortalità nelle persone che avevano già una storia di tumore al momento di ingresso nello studio Moli-sani, una delle coorti di popolazione più grandi d’Europa.

“I risultati della nostra ricerca – continua Bonaccio – indicano che le persone che avevano avuto precedentemente un tumore e riferivano, in base ad un questionario sulle abitudini alimentari, che nell’anno precedente il loro ingresso nello studio Moli-sani avevano seguito uno stile alimentare mediterraneo avevano, negli anni successivi, un rischio di mortalità più basso del 32% rispetto a chi invece non aveva seguito la Dieta Mediterranea. Il beneficio era particolarmente evidente per la mortalità cardiovascolare, ridotta del 60%.

“Sono dati che confermano un’ipotesi interessante – sottolinea Maria Benedetta Donati, Principal Investigator della Piattaforma congiunta – e cioè che malattie croniche apparentemente molto diverse, come i tumori e le patologie cardiovascolari, condividano in realtà stessi meccanismi molecolari. È quello che in letteratura è noto come ‘common soil’, un terreno comune da cui si originano queste diverse patologie”.

“La Dieta Mediterranea – spiega Chiara Tonelli, Presidente del Comitato Scientifico di Fondazione Umberto Veronesi ETS – è composta principalmente da alimenti che sono fonti naturali di sostanze antiossidanti, come frutta, verdura e olio di oliva, che potrebbero spiegare il vantaggio riscontrato nei confronti della mortalità tumorale e cardiovascolare, che sappiamo essere ridotta da diete particolarmente ricche di questi composti bioattivi. Il Progetto UMBERTO è quindi orientato ad approfondire la conoscenza dei meccanismi in gioco, al fine di chiarire i benefici di questo modello alimentare anche per gruppi di popolazione più vulnerabili, come appunto le persone che hanno già avuto un tumore”.

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