Secondo un’analisi condotta sugli ultimi dati Istat viene fuori che gli occupati a tempo parziale sono aumentati di un milione di unità passando da 3,3 a 4,3 milioni mentre il numero complessivo dei lavoratori ha di poco superato i livelli pre crisi. In pratica se nel 2008 gli occupati part time erano 3,3 milioni su 23,1 (il 14,3%) nel 2018 sono diventati 4,3 milioni pari al 18,5% del totale.
Cresce in modo consistente il part time involontario, il 64,1% delle persone vorrebbe lavorare a tempo pieno.
Nel terzo trimestre del 2019 la percentuale di occupati in misura ridotta sul totale dei lavoratori è aumentata ancora toccando il 18,77% dei 23,48 milioni di occupati.
La percentuale dei part time involontari, nel terzo trimestre di quest’anno, è scesa lievemente, al 64%, dopo aver raggiunto, nel secondo trimestre, il 64,8%.
Nel 2008, prima della crisi economica la percentuale dei lavoratori che dichiarava di essere in quella condizione involontariamente era al 40,2%.
La condizione di lavoro part time “obbligato” riguarda soprattutto il lavoro dipendente e le regioni del Sud Italia.
Nel Sud il tasso di part time involontario è passato dal 60,7% del 2008 al 79,6% nel 2018 (79% nel terzo trimestre 2019) in pratica quattro occupati a tempo parziale su cinque che vorrebbe lavorare a tempo pieno. Nel Nord è passato dal 30% del 2008 al 55,5% del 2018 (55,8% nel terzo trimestre 2019).
Su 4,3 milioni di lavoratori a tempo parziale nel 2018 i dipendenti erano 3,57 milioni, oltre un milione in più rispetto a dieci anni prima, mentre gli indipendenti sono passati tra il 2008 e il 2018 da 731.000 a 768.000.
Nella media del 2018 i dipendenti part time erano il 19,94% dei lavoratori subordinati mentre nella media 2008 erano solo il 14,79%.
Alfredo Magnifico