Ioffredi: in merito alle leggi sulle unioni civili In Italia siamo al primo gradino, rendiamocene conto e non perdiamo più tempo

Riceviamo e pubblichiamo

C’è una categoria di persone con cui ho serie difficoltà a rapportarmi. Un vero e proprio muro comunicativo. E’ quella dei depositari del copyright di questo o quell’altro capitolo dello scibile umano. Che sia per diritto di nascita o acquisito poco importa, restano un fastidioso mistero. Questa mia idiosincrasia mi ha portato non poche rogne, a partire dagli attriti con compagni di partito per cui perfino il papillon non è di sinistra. Loro lo sanno, possiedono le tavole dei dieci comandamenti del perfetto compagno, anzi le hanno scolpite loro.
La convinzione assoluta di avere o addirittura di essere il Verbo li porta spesso a fare delle figure barbine e, col tempo, ho imparato a lesinare le risposte. Di solito si ridicolizzano da soli. Stavolta però ho deciso che vale la pena di scrivere due righe, non solo per ribadire quello che penso, ma anche perché ogni tanto questi sanfedisti con i paraocchi d’ordinanza meritano di sbattere il grugno sulla realtà. La giornalista Pizzi scrive che sulle unioni civili il sottoscritto tace, insinuando il dubbio che il mio silenzio derivi dalla volontà di non scontentare l’elettorato cattolico e mischiandomi con il professionista del silenzio-dissenso D’Angelo.
Sarebbe bastato alla Pizzi dare uno sguardo alla mia bacheca Facebook per trovare un primo post datato 30 gennaio contro l’omofobia, un secondo dell’11 febbraio in cui ho condiviso la storia delle unioni civili in Europa per finire con la condivisione il 18 febbraio di un post di “OmofobiaStop” per capire che non ho nessun problema ad esprimere il mio pensiero, elettorato cattolico piacente o meno. Oppure avrebbe potuto fare quello che ha fatto una giornalista come Rita Iacobucci che, semplicemente, mi ha fatto delle domande sull’argomento alle quali ho, semplicemente, risposto.
La depositaria del sapere omosessuale no. Non telefona, non legge i post, non legge gli articoli delle sue colleghe. Ella sa. E giudica, pontifica. Papessa incontrastata del Verbo gay, depositaria della Verità assoluta del mondo alternativo lei asserisce, insinua, ed infine condanna. Un sano bagno di umiltà condito da quel vecchio caro ingrediente del lavoro di documentazione non guasterebbe, cara Viviana, il tutto a prescindere da quello che mangi, preghi o ami.
In ogni caso la mia posizione, da sempre, è la stessa maturata negli anni da Spagna, Portogallo, Francia, Danimarca, Olanda, Belgio, Svezia, Norvegia, Islanda, Irlanda e Gran Bretagna, Paesi partiti con leggi sulle unioni civili per poi parificarle col matrimonio, con stessi diritti e doveri senza distinzione di orientamento sessuale. In Italia siamo al primo gradino, rendiamocene conto e non perdiamo più tempo.
Domenico Ioffredi

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