Ho sempre pensato che l’osservazione diretta sia la miglior analisi che si possa compiere. Ci permette di entrare in contatto diretto con la realtà delle cose senza filtri di sorta e ci fornisce, spesso, l’esatta percezione di ciò che ci circonda. Non è inusuale, infatti, che nella convulsa frenesia in cui siamo immersi quotidianamente, spesso, non si presti la dovuta attenzione a ciò che invece è sotto gli occhi di tutti. Sabato scorso, ad esempio, ho percorso in auto la strada che da Campobasso conduce a Trivento. Un tratto stradale che, a causa dei miei continui spostamenti da e per gli aeroporti di Roma e Napoli, da un po’ di tempo non percorrevo. Gettando lo sguardo oltre il finestrino dell’auto devo ammettere di essermi sentito, per lunghi tratti, alla stregua della nostra astronauta Samantha Cristoforetti: un paragone che può sembrare certamente azzardato ma che tuttavia rende bene l’idea di meraviglia e stupore che ho avuto osservando un paesaggio quasi “lunare”, oserei dire.
Le infrastrutture abbandonate e l’inadeguatezza del manto stradale, unitamente ai reperti di archeologia industriale di ogni tipo disseminati lungo il percorso, contribuiscono a fare della Campobasso-Trivento un luogo di notevole interesse storico-industriale e non certo un regolare percorso stradale. L’occasione mi è propizia, dunque, per fare alcune considerazioni che, lungi dal voler rappresentare sterili ed inutili polemiche che nulla apportano sotto il profilo dell’utilità pratica, intendono solo offrire, ove possibile, un piccolo spunto per una riflessione sullo stato della viabilità e delle infrastrutture molisane.
Partendo da un presupposto: la conformazione geografica del nostro territorio e la sua scarsa densità abitativa costituiscono elementi che non è possibile trascurare in un discorso strategico sulla mobilità regionale. Occorre interrogarsi, allora, sull’opportunità o meno di realizzare una metropolitana leggera che, in considerazione dello scarso numero di abitanti del Molise, difficilmente potrà reggere la sfida della sostenibilità e dell’efficienza a lungo termine. Tanto più se si considera che la realizzazione di questo tipo di trasporto risponde, principalmente, all’esigenza delle grandi città – come Parigi, Londra o New York – di creare un collegamento tra il centro urbano-lavorativo e le grandi periferie cittadine caratterizzate da una grande consistenza demografica.
Viceversa, le zone interne della nostra Regione, il cuore pulsante dell’identità molisana – come lo è appunto il tratto stradale che unisce Campobasso con Trivento – rischiano in tal modo di essere ancor più marginalizzate e tagliate fuori dal circuito della mobilità urbana: una circostanza che, a mio avviso, sarebbe oltremodo deleteria per il già fragile tessuto economico di quei territori.
Il miglioramento di queste strade, infatti, sarebbe ben più funzionale rispetto alla costruzione della sopracitata metropolitana nella misura in cui si tiene nella dovuta considerazione il fatto che esiste una stretta interconnessione tra mancanza di infrastrutture adeguate ed impoverimento demografico, come dimostrano tristemente gli ultimi dati dell’Istat.
Non è un caso che le zone interessate maggiormente da fenomeni legati all’emigrazione, soprattutto giovanile, siano in effetti quelle colpite in misura maggiore dall’assenza di adeguati collegamenti infrastrutturali.
Meglio apparirebbe, quindi, predisporre interventi per un efficace ed ampio rafforzamento della rete stradale molisana in grado di irrobustire i collegamenti tra i vari centri cittadini e fortificare, così, quel legame storico, paesaggistico e culturale tra centro e periferia che è il tratto distintivo principale della peculiarità del Molise.
On. Aldo Patriciello