I mezzi di ricerca della prova, in fase d’indagine, hanno il fine di ricercare e cristallizzare un elemento probatorio che trasmigrerà, poi, nel fascicolo del Giudice. L’intercettazione, in particolare, consiste nella captazione di comunicazioni telefoniche, ambientali o telematiche, attraverso idonei strumenti tecnici, all’insaputa degli interlocutori. Tra le caratteristiche dell’intercettazione, ai sensi degli artt. 266 e ss. c. p. p., c’è la simultaneità della captazione e l’utilizzo esclusivo degli impianti installati presso la Procura della Repubblica o presso la p. g.. Ciò detto, col progredire della tecnologia, gli investigatori si sono trovati davanti ad ostacoli sempre più ardui da superare. Caso emblematico è quello delle chat, che con gli attuali sistemi non possono essere intercettate!
In particolare, pur intercettando il flusso dei messaggi, gli stessi appaiono criptati e di impossibile lettura, poiché i codici per poterli decifrare può fornirli solo la Società. Viste le difficoltà, molte Procure hanno chiesto alle stesse Società di decriptare le chat e rinviarle agli investigatori. I riscontri sono stati differenti. Mentre alcuni colossi hanno rifiutato di decriptare i dati (Apple e Facebook), altri hanno deciso di collaborare con la giustizia e decifrare il contenuto delle comunicazioni. La società canadese Blackberry, ad esempio, ha fornito ai magistrati che ne hanno fatto richiesta i testi delle chat interne ai cellulari, decrittati e tradotti in italiano.
In effetti, sulla scorta di quanto spiegato in premessa, dovrebbe essere esclusa la possibilità di usare questi messaggi scambiati via Blackberry come elementi di prova, atteso che le comunicazioni non sono state intercettate dall’Autorità Giudiziaria utilizzando un operatore di rete, bensì acquisiti direttamente dalla Blackberry, i cui server per gli smartphone sono in Canada e in Inghilterra; ciò tramite l’indispensabile “decrittazione” dei dati svolta da una Società collegata.
Per ovviare a questo vincolo codicistico alcuni investigati hanno deciso di sequestrare direttamente i cellulari e cristallizzarne il contenuto, ma questa condotta risulterebbe comunque irrituale, poiché il sequestro probatorio non include l’intercettazione ed è preposto ad altri fini (va disposto quando è necessario acquisire al processo dei documenti a fini di prova). La questione, non di facile soluzione, è arrivata sino in Cassazione. Gli Ermellini, per risolvere il problema, hanno deciso di legittimare queste intercettazioni apparentemente irrituali. Infatti con Sentenza n.° 50452/2015, la sezione III della Cassazione, riguardo alla messaggistica con sistema “Blackberry”, ha stabilito che è corretto acquisirne i contenuti mediante intercettazione (ex art. 266-bis), in quanto le chat, anche se non contestuali, costituiscono comunque un flusso di comunicazioni. Visto che le intercettazioni contestate sono spesso oggetto di indagini di grande rilevanza (reati associativi, traffici di droga, antiterrorismo, ecc…), la Suprema Corte di Cassazione ha deciso di interpretare in modo estensivo il testo normativo al fine di legittimarle. In sostanza, in questo casi, il fine giustifica i mezzi.
Avv. Silvio Tolesino
Intercettazione impossibile nelle chat: il caso “Blackberry”
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