Kinan Masalmem e Alyan Kurdi, ai più forse questi due nomi non dicono nulla, ma sono due immagini e storie che interpretano tutta la difficoltà che l’Europa in primis ed il mondo stanno incontrando nell’affrontare l’emergenza profughi.Kinan Masalmen è un ragazzo siriano di 13 anni che intervistato dalle varie televisioni rilascia una frase semplice ed allo stesso tempo scioccante “fermate la guerra in Siria e noi non veniamo in Europa”.Alyan Kurdi era un bambino di 3 anni, morto in un ribaltamento del gommoncino sul quale, insieme al fratellino di 5 anni (morto anche lui) al padre ed alla madre, cercava di scappare dalla Siria per raggiungere l’Europa ed invece ha trovato la morte davanti alle coste della Turchia.Due immagini simbolo che colpiscono in profondità e chiedono un comportamento ed un approccio diverso dell’Europa.L’Europa intera ha fallito, per anni il carico maggiore lo hanno sopportato l’Italia e la Grecia.
Paesi con problemi economici seri e che quindi non potevano “ribellarsi” a quella Europa comandata dalla Merkel.Davanti a quanto sta accadendo in questi ultimi giorni, esodo di massa, contestazione, rispetto della persona, qualcosa sta cambiando, le parole accoglienza, integrazione, aiuto, solidarietà stanno entrando nel vocabolario di molti paesi che prima demandavano la responsabilità dell’accoglienza, del salvataggio all’Italia ed alla Grecia.Il blocco che si è venuto a costituire tra i paesi dell’est e il numero esponenziale degli arrivi hanno di fatto contribuito ad una accelerazione nel rivedere le posizioni assunte, soprattutto di Germania, Inghilterra e Francia, disposte oggi a farsi carico della problematica, anche se è da vedere “sul campo” cosa faranno in concreto. Cosa ha portato questo cambiamento e perché fino a ieri ci si è illusi di poter risolvere questo esodo contrastando il fenomeno dell’immigrazione con la semplice sorveglianza delle coste, con l’intervento a poche miglia dalla costa Libica, andando a recuperare coloro i quali si sono messi in viaggio con il sogno di una nuova vita e che il più delle volte, invece, ha trovato la morte, proprio come il piccolo Alayn?
Una cosa è certa, la scelta forte, decisa, dirompente della Germania ha di fatto rotto quello schema di attesa, che scaricava sugli altri paesi responsabilità comuni.Davanti a tutto questo anche l’Italia deve modificare atteggiamenti, la scelta di accogliere gli immigrati nei centri come il CARA di Mineo o mettere a disposizione strutture dedicate ad altro, per esempio quelle turistico ricettive, incentivando così la speculazione, il malaffare e l’approfittarsi di chi ha bisogno, non può funzionare. Ma ormai non c’è più molto tempo, stante i numeri che si sentono in giro e le immagini che i media non risparmiano. L’approccio alla problematica deve essere di rapida soluzione, con la immediata identificazione dell’immigrato ed un iter burocratico per il riconoscimento di rifugiato che deve essere breve, anzi brevissimo, non dando la possibilità ad alcuno di “parcheggiare” nel nostro paese un potenziale umano di cui non conosciamo la provenienza. Solo così possiamo favorire l’accoglienza, l’integrazione e la solidarietà verso chi in questo momento ha difficoltà e scappa con la speranza di un futuro migliore. A nulla servono gli urlatori, coloro i quali, per quella piccola visibilità o per una manciata di voti, ripetono affannosamente sempre le stesse cose.
Bisogna mettere in atto regole comuni, indicazioni che valgono per tutti, dagli altri Stati europei all’ Italia. La ripartizione degli immigrati tra gli Stati avverrà tenendo conto della ricchezza della Nazione, la sua popolazione ed il suo grado di industrializzazione. Parametri sostanzialmente oggettivi e che consentono una suddivisione proporzionalmente equa.
In Italia, fino ad oggi, uno dei parametri per l’assegnazione degli immigrati era il fondo di solidarietà che alla Regione viene assegnata dallo Stato; una cosa pazzesca, vuol dire che chi meno ha più deve dare ed in questo modo è chiaro che gli enti non partecipano al progetto di accoglienza, lasciando spazio ai privati che sfruttano per proprio tornaconto questa drammatica situazione che si è creata.
Questo ha portato la nostra Regione, proporzionalmente, ad avere il primato del numero maggiore di immigrati sul proprio territorio, nonostante siamo in crisi economica, con un PIL bassissimo, molti disoccupati, aziende che falliscono e tutto il resto.
I principi stabiliti a livello europeo devono essere applicati nei singoli territori, anche perché la vita è un dono prezioso che qualcuno ci ha donato nell’uguaglianza, nella libertà e nel rispetto reciproco, principi che non possono “affogare” per gli interessi di qualcuno.
Presidente Federazione Basso Molise Vincenzo Cordisco