20 milioni di italiani hanno fermato l’estremizzazione del principio maggioritario nato col Referendum promosso da Mario Segni nei primi anni novanta e consolidatosi nella Seconda Repubblica sul pilastro concettuale della governabilità non contemplato in nessun articolo della Carta Costituzionale. Il principio della sovranità popolare incardinato sul valore della rappresentanza è stato sacrificato sull’altare di alchimie elettorali che hanno obbligato le forze politiche a ricercare il voto utile in coalizioni eterogenee incapaci di reggere l’urto dell’unità a tutti i costi e su ogni provvedimento di merito. Insieme al maggioritario nell’ultimo ventennio si è affermato il culto dell’uomo solo al comando che ovunque eletto dal più piccolo dei Comuni fino a Palazzo Chigi, ha racchiuso in sé l’esercizio del potere attraverso la clava del comando e l’imposizione delle proprie opinioni. Alle convinzioni ideali che tenevano uniti i partiti della Prima Repubblica sono seguite le norme di legge che hanno obbligato le maggioranze, ad assecondare i voleri di tanti uomini solo al comando, col ricatto dello scioglimento anticipate delle assemblee elettive. In passato si sceglieva di stare insieme attraverso un dialogo costante, rispettando il programma su cui i cittadini si erano espressi, stimolando un confronto su più alternative e misurandosi liberamente nelle sedi istituzionali, in quelle di partito e nelle coalizioni tra più formazioni politiche coese.
Il Sindaco, il Presidente della Provincia, il Presidente della Regione ed il Capo del Governo, avevano il dovere di render conto del proprio operato continuamente e non di rado capitava che Ministri o Sottosegretari partecipavano a riunioni in sezioni di partito anche nei paesi di minori dimensioni del Molise soffermandosi per ore a discutere con il calzolaio, il commerciante, il coltivatore diretto, l’operaio e gli altri pochi iscritti di quella sezione. Ebbene con 6 milioni di voti di scarto, i cittadini italiani il 4 dicembre hanno fermato questa deriva perniciosa e hanno rilanciato la necessità di rispettare i principi sanciti nella Costituzione. Oggi il sistema dei partiti non può che prendere atto della volontà popolare ed agire di conseguenza, evitando di banalizzare il responso di 20 milioni di cittadini con le canzonette di Checco Zalone.
La politica non è uno spettacolo di cabaret con figuranti, comici, grulli e bulli, che si misurano sull’efficacia delle proprie battute, sull’estetica, sul turpiloquio o sulla bravura espositiva. Al contrario occorre ripartire dalla capacità di selezionare la classe dirigente in scuole di vita, di formazione politica e di esperienza amministrativa, dove ci si tempra al confronto, all’ascolto e al rispetto dell’altro. E in tutti i casi, in attesa di ripristinare una pratica deontologica meno improvvisata, ci si adoperi ad ogni livello per recuperare il culto delle regole, il primato della collegialità ed il vincolo delle leggi, dell’etica della responsabilità e della distinzione tra funzioni istituzionali e funzioni demandate agli uffici e ai dirigenti della Pubblica Amministrazione. Gli atti vanno istruiti dal personale preposto, firmati dai dirigenti di quelle strutture, e portati all’attenzione degli organi istituzionali con i pareri previsti e nei tempi stabiliti. Ciascuno faccia il proprio dovere !
Michele Petraroia