E’ una giornata come tante. Aprendo la finestra ci si accorge che il mondo inizia però a sorridere. Lo sguardo va verso il mare. Il porto della città di Termoli inizia ad animarsi, ad affacciarsi al nuovo giorno, alla fatica che regola la vita dei marinai, alla grande bellezza. E’ un turbinio di emozioni, ci si accinge a preparare il dovuto per una giornata che sembra all’insegna della irrazionale fatica dell’essere. Le ripide scale della bella struttura ospitante portano su un lastricato che dirige dritto alla piazza dove il Duomo si erge a padrone del Mondo. Favola silenziosa che sopprime le sensazioni del poi e regala candide carezze di accompagno al sogno. All’improvviso le parole fanno eco verso la scala che porta giù sulla banchina. E’ tutto pronto, si parte per chissà dove! Il viaggio è costellato di bellezze mai rudi e sempre tinte di colori dell’autunno, dal tardo inizio. Si va verso la provincia di Isernia. Monteruduni la meta, più precisamente lo stabilimento artigianale della Dolce Amaro dei f.lli Papa. Una folta schiera di giornalisti qualificati si appresta all’immersione concettuale del loro viaggio.
Il tema principale, quasi esclusivo, è la biodiversità che, il Molise gode di percentuali da capogiro. L’acqua, il suolo magicamente concimato dalla natura stessa, il vento, le transumanze, i passaggi di genti dal sapore della pastorizia, i suoi caposaldi. Non poteva così mancare entrare nel mondo del cioccolato, che dalla qualità dei prodotti trae il meglio di sé e ne consacra la sua dolcezza. I f.lli Papa sono l’emblema della “goduria”; la loro disponibilità all’apertura all’esterno, poi, li rende decisamente e soddisfacentemente portatori di sapienti racconti. Claudio attende l’ arrivo e nel condizionar positivamente ogni momento della visita, che non si ferma alla visione ma esaltata dal sapore di prodotti dall’umore della felicità, ci riporta a quando spensieratamente l’età ci veniva incontro. E’ ormai tempo di andare, il saluto è affettuoso, sincero, tra quelli che porteranno ad un sicuro ritorno. Il piccolo bus ci attende e, nella salita, si è coscienti e contenti di dover utilizzarlo solo per pochi chilometri. La famiglia di fornai Ricci ci attende in quel di Montaquila. L’arrivo è quelli che avrebbe solleticato chiunque al rilascio di applausi e di colpi di meraviglia. Una tavola regale piena di sapori per essere trono dove poter ascoltare i racconti di Franco Valente e la meravigliosa musica di Lino Rufo.
Ma questo viene dopo, solo dopo aver trascorso del tempo nel laboratorio artigianale, e aver assaporato la maestria di Angelo e Mattia, padre e figlio di un’azienda marchiata da premi internazionali. – Ah, giusto, di cosa stiamo parlando? – Domanda razionale ma alquanto scontata. Si avvicina Natale, tutti cercano la propria via per dimenticare il male, noi abbiamo scelto i famosi e gustosissimi panettoni all’olio EVO. Canditi, lievito madre, uovo, vaniglia, latte e, il gioco è fatto? -“Magari!”- avrebbe risposto chiunque del mestiere. Sapienti mani e dosaggi da chimico alchimista, dettano proporzioni, tempi, cottura. Adesso sì che il gioco sembra fatto! Manca ancora l’ultimo magico momento e questo lo troviamo nella tavola che ci si appresta, irriverentemente a occupare. Franco Valente ci illustra l’importanza del nostro territorio; la magia accende luci propedeutiche all’ascolto della musica di Lino, che alimenta l’esaltazione e ci porta alla conoscenza di formaggi curati magistralmente da Giuseppe Iaconelli e di oli pregiati della Colonia Julia Venafrana.
Il sapore della passione è fortissimo e l’arrivo di un risotto al caciocavallo con tartufo bianco a cura di uno chef di razza qual è Massimo Bocconcella, destabilizza passioni nascoste e libido da imbarazzante emozione. Poi il resto è gioia pura magicamente esaltata da dolci e da inebriante vino tintilia della cantina Terre Sacre e moscato dalle migliaia di bollicine della cantina D’Uva. Poi, e umilmente ci scusiamo, il babà da il colpo di grazia con il suo aroma intenso e la sua particolare tenuta all’impossibile pazzia che corrompe le papille gustative. Non c’è tempo di fermarsi a pensare se “essere o non essere deve essere un dilemma” e la via ci porta verso un’altra incredibile eccellenza molisana. Matrice di aspetta con i suoi grani, le sue eccellenze, la sua Chiesa dall’unicità estasiante, non prima di una sosta a Campodipietra per assaporare il rito della raccolta delle olive. Il giorno fa l’occhiolino alla sera, che non spetta altro di porre frescura agli ospiti. L’arrivo è di quelli che accontenterebbero anche i più incontentabili. Una campagna curatissima ci apre le porte ad un uliveto sincero, spoglio di crudeltà ambientali, pieno di racconti da parte di una ragazza piemontese che, prima incontra l’amore per il Molise, e poi per l’uomo della sua vita. Mikela apre le sue braccia e racconta di sé e del progetto “Alba”. “Occorre sognare, svegliarsi, concepire l’Alba come una rinascita giornaliera. Solo dal rispetto della terra possono nascere idee e prodotti che concettualmente determinano una vita migliore”.
Le parole di Mikela suonano come la musica di Lino Rufo e l’assaggio di un olio multi cultivar, scommessa su cui nessuno avrebbe puntato un centesimo, sono l’essenza di un mondo che all’apparenza non si ferma alla mera raccolta delle olive. Il passaggio è automatico, la passione segue solo altra passione, l’identità vince sulla modernità e Matrice con il suo Mulino, quello di Dionisio Cofelice, ci trasferisce ogni grado di illibata concezione della vita. “Fare un passo indietro per poter guardare il futuro, quello migliore”, le parole saggie di Dionisio che nel mentre condiziona la macina al suo valore di generatrice di vita, nonostante schiacci chicchi di grano, fornisce a tutti noi la saggezza di chi non guarda il danaro come condizione di felicità. La felicità non è un attimo ma una costruzione che assume tanti valori sino a valorizzarne aspetti e posizioni di privilegio. L’esaltazione alla bellezza è l’unica vera pragmatica sensazione plausibile ed accettabile. A Matrice la bellezza è di casa e quindi la straordinaria Santa Maria della Strada, chiesa dal passato incredibile e “convincibile” dell’essere umani, ci offre la sua bellezza per poter far della serata, la festa della libertà. La musica e la poesia si uniscono al cibo e ogni pietra è costretta a vibrare sensazioni, convinzioni, passioni, e soprattutto aggregante forza, tanto da renderci favorevolmente legati dall’indissolubile fune dell’essere “cafone”.
E’ notte, ormai, e le membra risentono della fatica della voglia del racconto e del dirompente attacco alla bellezza da parte di operazioni scellerate che, nel solco dell’arricchimento, depauperano sempre più paesaggi e forze aggreganti. La proloco di Matrice è una di queste che consente di mantenere in vita una pagina di storia di quel Molise che della transumanza e della ruralità ne costruisce forza e speranza. Il ritorno tardo verso Termoli è il giusto e meritato oblio alla stanchezza. Il nuovo giorno si apre all’alba con una pioggia insistente che non cancella bellezza e programmi. Sono le 8,30 del 21 ottobre, le campane, nonostante inneggino la forza delle onde, si preparano a donarci ancora condizioni di pura essenza e condivisione. E’ la volta di Frosolone e Macchiagodena. L’arrivo è accompagnato da un vero e proprio diluvio che dilava i bei selciati del borgo incantato della laboriosa Frosolone. Il tempo per un tiepido caffè e si parte per costipare nella mente la storia e l’artigianato del paese della transumanza. Una signora, Vincenzina, ci aspetta al museo del costume e subito la magia dei ricordi rendono unici i racconti di doti matrimoniali, usanze, costumi. La costrizione di lasciar le proprie mogli sole, per allontanarsi con le greggi; il ritorno, gli abbracci, i pianti, sono le origini di Frosolone d’oggi con le sue arti e le use straordinarie bellezze. I ferri taglienti fanno bella la storia e la visita al museo è davvero suggestione per occhi e cuori. Ma la vera sorpresa è stata quella di trovare al lavoro un forgiatore d’altri tempi : Vittorio.
Un signore all’apparenza minuto, dalla faccia e le mani rugate dal lavoro di decenni, orgogliosamente si pone al servizio degli ospiti e sciorina con semplicità e maestria la sua arte. Forgia e compone una preziosa lama per realizzare delle forbici. La sua movenza è straordinaria, morbida, essenziale. Ogni suo movimento ci porta indietro nel tempo e ci fa entrare in profondità nel tempio dell’artigianato più vero. Il pianto di commozione è l’esaltazione dell’identità più vera. Identità che troveremo da li a pochi minuti, in quel di Macchiagodena dove due visionari, Rocco e Lucia, hanno creato dal nulla un vero e proprio regno del pane. Non un solo macchinario, ma solo la forza delle braccia e farine dettate da sapienti conservazioni e la passione di chi non riesce a concepire la modernità assoluta come traguardo da raggiungere. L’assaggio, poi, è da veri principi della tavola tradizionale. Ma il Molise è biodiversità, come si diceva e, non poteva certo mancare la visita all’acquedotto molisano alimentato dalle sorgenti del Biferno in quel di Bojano. Una galleria scavata a mano per decine di chilometri che ha nel cuore del Matese, la sua risorsa più importante. Un’acqua chiara dal sapore della leggerezza e della forza motrice di una regione che per perequazione si offre ad altre partecipando, con il liquido vitale, la sua grandezza. Puglia, Lazio, Campania, possono dirsi felici. La sensazione è decisamente d’impatto e la visita termina con applausi e qualche lacrima, sapendo dell’addio. “Diventerà arrivederci, sapremo trarre il meglio. Con esso porteremo nel cuore il Molise e i molisani”.
Non più belle parole di queste potevano onorare la visita di 14 giornalisti nazionali e internazionali, nel ringraziare Molise Acque, le Proloco di Frosolone e Matrice, la Regione Molise, con i suoi presidenti Francesco Roberti e Quintino Pallante e l’Assessore Salvatore Micone, i Comuni di Macchiagodena, Frosolone, Matrice, Bojano, Termoli, Montaquila, Monteroduni, Campodipietra. Un sincero ringraziamento alle aziende DolceAmaro dei F.lli Papa, Fornai Ricci, Mulino Cofelice, Fattoria del Zingaro, Cantine Remo, Cantine Giannacono, Terre Sacre, D’Uva, Colonia Julia Venafrana. A seguire l’azienda Iaconelli, l’agricola Alba, la Confartigianato Molise, le straordinarie strutture dell’Albergo Diffuso e ristorante Svevia, il ristorante Salsedine, l’Albergo diffuso Locanda Alfieri, il locale Borgo Mastro, la Molise Bus di Matrice. L’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo del Molise, ripercorrendo le fasi del tour, ha condizionato i fruitori a riscoprire quel pizzico di ritrovata felicità, anche grazie agli accompagnatori e a Lino Rufo che ha interpretato il Molise con le sue canzoni evocative e decisamente partecipi della riscoperta di parole, emozioni e convinzioni. Il Molise piace e regala condizioni di pura e sublime, seppur eccentrica, voglia di ritornare.