“Non esistono parole sbagliate, ma è possibile fare un uso sbagliato delle parole” .”Una comunicazione scorretta può veicolare messaggi non coerenti con ciò che si vuole trasmettere”. “Esprimere giudizi sulle persone ne comporta talvolta la lesione dei diritti”. È questa una sintesi per enunciare i principi di un linguaggio inclusivo e prudente. Giornalisti, avvocati, magistrati e psicologi: quattro professioni accomunate dalla necessità di descrivere, di avvalersi della parola e della scrittura, si sono confrontati a Campobasso sul tema “il giornalismo e l’uso di un linguaggio inclusivo”. L’occasione, un corso di formazione rivolto a giornalisti ed avvocati tenutosi presso la sede della giunta regionale.
La consigliera di parità della Regione Molise, Maria Calabrese e il presidente dell’ ordine dei giornalisti del Molise, Vincenzo Cimino, hanno organizzato un tavolo, composto da esponenti delle professioni più esposte in fatto di comunicazione, con l’obiettivo di puntare i riflettori sui valori ed i parametri di riferimento nell’esercizio della libera manifestazione del pensiero. Un cardine della nostra Costituzione che ha come limite il rispetto della dignità e dei diritti di altri soggetti. In particolare delle categorie sociali più deboli. Dal Manifesto di Venezia alle delibere dell’ Agcom; dalla Costituzione al codice penale, ogni parola che possa essere discriminatoria o pregiudizievole per una o più persone va bandita e sanzionata.
Per ciò che concerne l’attività giornalistica, quale megafono della cronaca giudiziaria, l’uso di termini non rispettosi della reputazione di un indagato, ad esempio, potrebbe pregiudicare le vicende giudiziarie del soggetto in questione. Ed anche per i magistrati sussiste il problema di comunicare bene. Ogni sentenza, infatti, è un messaggio dettato alla comunità.
Dunque un confronto ricco di spunti per rimarcare l’importanza del linguaggio. Sopratutto di quello inclusivo, cioè attento, corretto e consapevole che, oltre a far valere le conquiste sulla parità di genere e promuovere la crescita culturale della collettività in tale direzione, si pone quale strumento di educazione della coscienza sociale, nonché di tutela delle categorie meno protette.
Rossella Salvatorelli