Pietro Colagiovanni*
Diretto dal regista brasiliano Fernando Meirelles (The city of God) il film del 2011 è costruito su un intreccio, in diverse città europee ed americane, delle vite e delle passioni di un gruppo di persone. Ispirato al testo teatrale di Arthur Schnitzler “Calediscopio” è un puzzle di pulsioni, di drammi esistenziali e di passioni a volte espresse, a volte no.
La fotografia è bella e pulita, anche se, al solito, l’ambientazione è perlo più vissuta nel mondo di chi ha, dall’alta borghesia sino a veri e propri, benchè equivoci, uomini ricchi. E anche chi non ha cerca in tutti i modi di entrare nel club di chi ha. Ma il cinema autoriale contemporaneo usa questo sfondo sociale (il famoso 1% della popolazione) come scenario di fondo naturale e, quindi, c’è poco da fare.
La trama è interessante e, alla fine, consolante. La tensione che anima il film si risolve quasi sempre nel modo auspicato, ossia i buoni vincono sui cattivi, i buoni sentimenti prevalgono su quelli cattivi. Ma il cinema è conosciuto anche con il nome di “grande illusione” e quindi la narrazione a lieto fine (che comunque è ben costruita e credibile) ci può stare. A fare la differenza è, poi, il cast stellare. Basti pensare che, in sequenza, troviamo Jude Law, Rachel Weisz ed Anthony Hopkins, roba da Oscar.
Tutti sono bravissimi, interpreti eccellenti che costituiscono il valore aggiunto del film. In particolare la perfomance di Anthony Hopkins è stellare. Quando narra di come chiese ad un prete quale fosse la preghiera più intensa e il prete gli rispose che era “vaffanculo!” si sfiora davvero il sublime. Insomma un bel film, delicato e gentile nonostante la forza delle passioni narrate, confortevole e che fa capire come il cinema possa essere, a volte, un lenimento dell’anima.
Voto 3,5/5
*imprenditore, comunicatore, fondatore del gruppo Terminus
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