Pietro Colagiovanni*
E’ una coproduzione anglo-statunitense del 2015 ma per il soggetto (Sherlock Holmes), l’ambientazione e l’attore principale (Ian Mc Kellen, il Gandalf del Signore degli Anelli) non può che essere considerato un film puramente inglese.
Il regista statunitense Bill Condon ci presenta una reinterpretazione originale del famoso detective ideato da Arthur Conan Doyle. Sherlock Holmes ha ormai 93 anni, vive in campagna e si dedica alle cure delle sue amate api. Ha frequenti perdite di memoria ma è roso da un dubbio che riguarda un caso, l’ultimo prima che, 30 anni fa, si ritirasse a vita privata.
Con lui vivono una governante (una bravissima Laura Linney) e suo figlio Roger (Milo Parker anch’egli molto bravo) un ragazzino intelligente, sveglio e molto curioso. Alla fine Sherlock Holmes riuscirà, grazie anche all’aiuto di Roger, a ricostruire il vuoto che lo tormentava e anche altri particolari (come un viaggio in Giappone alla ricerca di una rara pianta terapeutica) che affestellano la sua mente senza chiarirsi completamente.
Il film ha un titolo italiano da giallo (che nell’originale non è presente) che devia la natura dell’opera. Di poliziesco o di giallo il film non ha praticamente nulla ed è invece una delicata, e riuscita, operazione di umanizzazione e drammatizzazione di un carattere astratto, una pura macchina logico-deduttiva come è lo Sherlock Holmes originario.
La sceneggiatura non è a prova di bomba ma è un pretesto, un innesco per due caratterizzazione narrative entrambe vincenti. La prima è lo scenario in cui si svolge il film: i panorami e le atmosfere inimitabili della campagna inglese uniti ad una minuziosa ricostruzione storica degli ambienti inglesi a cavallo della metà del secolo scorso. La seconda è l’interpretazione magistrale degli attori, su tutti Ian Mc Kellen, noto al grande pubblico per la trilogia del Signore degli Anelli, per lo Hobbit ed anche per X Men ma tra i più grandi attori teatrali inglesi, un gigante della recitazione inglese e shakespeariana di tutti i tempi. Il risultato è un grande pezzo di teatro in un’ambientazione da urlo, con una fotografia di grandissimo livello.
Una piece di teatro drammatico nel vero senso della parola, il senso originario: Sherlock Holmes vive a 93 anni il suo reale dramma esistenziale, che si accompagna al dramma, in alcuni casi traumatico e fatale, di persone con cui ha vissuto piccoli o grandi momenti della sua vita. Sinora insensibile e chiuso nella sua dimensione logica deduttiva Sherlock da sagoma stilizzata, da personaggio ad una dimensione (come lo sono tutti i protagonisti del giallo classico: non solo Sherlock Holmes ma anche Poirot, Ellery Queen, Miss Marple, Nero Wolfe ecc) diventa un essere umano completo e complesso, lacerato da emozioni per troppo tempo represse.
Un film bello, con grandi attori, un film di chiaro spessore visivo e interpretativo
Voto 3,75/5
*imprenditore, giornalista, fondatore e amministratore del gruppo Terminus
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