Il clima, come il territorio e il cibo, racconta le azioni degli uomini

Nella storia della Terra, come dicono gli studiosi, tutto ha avuto un’origine e una fine, un processo segnato da cinque epoche, ognuna delle quali caratterizzata da un’estinzione di massa, con l’ultima (65 milioni di anni fa), quella che ha visto la scomparsa dei dinosauri. Sempre a detta degli scienziati, la terra sta accelerando i tempi per arrivare alla sesta estinzione e questa volta, a differenza delle precedenti, è l’uomo la causa scatenante, il principale responsabile della forte accelerazione in atto. L’uomo che continua, senza sosta, a rubare, trasformare e distruggere le risorse primarie del pianeta che i differenti territori esprimono, nonostante gli impegni solenni presi dai rappresentanti della quasi totalità dei 196 Stati sovrani alla Conferenza sul clima tenutasi, lo scorso mese di dicembre, a Parigi.

Anche i più distratti cominciano a percepire questo processo di accelerazione in atto, ma sono ancora pochi quelli che riescono a rendersi conto delle conseguenze di questi cambiamenti e della loro accelerazione che riguardano e rivoluzionano la vita di ognuno.  Ecco che il clima, come il territorio e il cibo, racconta le azioni degli uomini, sia di quelli (pochi) che hanno in mano e decidono le sorti del pianeta, sia di quelli (la stragrande maggioranza) che subiscono gli effetti della voracità dei primi. Un comportamento scellerato, quello che porta l’uomo a continuare nella sua azione di distruzione delle foreste pluviali; cementificazione e asfalto del territorio; accumulo di plastica e veleni negli Oceani; inquinamento delle acque e dei terreni con quantitativi crescenti di fertilizzanti e pesticidi; la perdita di biodiversità.
La verità è che anche quest’anno 17 milioni e più di ettari di foreste scompariranno per fare posto alle coltivazioni e ai pascoli, cioè alla produzione prevalente di cibo destinato agli allevamenti super intensivi (industrializzati) che danno carne a spese delle falde acquifere e della poca acqua potabile; del benessere degli animali allevati e, per colpa delle forti emissioni di CO2, del clima. E’ il territorio nel suo complesso, non solo le foreste, che viene ridotto secondo dopo secondo (l’Italia consuma 8mq. ogni secondo) e ciò fa pensare subito al grande rischio di non essere più nelle possibilità di dare il cibo necessario alle generazioni future, a una popolazione di oltre nove miliardi di persone che, secondo le previsioni, nel 2050 animeranno il pianeta. Già oggi i governi sono nel pallone nell’affrontare il fenomeno degli immigrati non avendo idee di quale integrazione e, soprattutto, della necessità dell’inclusione di questi uomini, donne, bambini, che – c’è da ripeterlo a chi non lo sa – sono persone.
Aumenta ogni giorno il numero di persone che vengono cacciati dai loro territori e spinti a rischiare il mare e/o a camminare, quando sotto il sole cocente e quando con il freddo o sotto la pioggia, per raggiungere quel nord che, con il passare dei giorni, diventa sempre più sud. E, tutto per colpa dei cambiamenti climatici, la riduzione di spazi di territorio e di biodiversità, la carenza di cibo. Una carenza, cioè, dell’energia primaria per gli uomini e gli animali che l’industrializzazione dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca, non ha risolto ma aggravato, visto che essa rappresenta la seconda causa, dopo le energie fossili, dei problemi – solo accennati all’inizio – che vive il clima. Un processo di industrializzazione che insiste a emarginare i contadini, i pastori e i pescatori, cioè quelli che, toccando con mano la terra e il mare e conoscendo l’equilibrio fragilissimo della natura, hanno dato, con il senso del rispetto, alla terra e al mare quella sacralità che meritano.
La crisi che il mondo vive mostra chiaramente che è la conseguenza di uno sviluppo sbagliato, pieno di luci accecanti che hanno stordito tutti e lasciato al buio il futuro. Uno sviluppo che ha mostrato il suo fallimento e che il sistema vuole riproporre a tutti i costi sprecando, così, quel poco tempo che resta per invertire la rotta. È tempo di uscire dallo spazio dello spreco, illuminato da queste luci abbaglianti e cercare di adattarsi al buio per ritrovare, tutt’insieme, la luce sulla strada che porta a vedere, conoscere e vivere il territorio e trovare in esso non solo i valori della nostra identità ma le risorse possibili per ripartire, progettando e programmando il futuro che appartiene a tutti, alle nuove generazioni in particolare.
Il solo modo per salvaguardare, proteggere, spendere e valorizzare il territorio è conoscerlo e capire i valori e le risorse che mette a disposizione dell’umanità, come una straordinaria miniera che, se ben utilizzata, ha la capacità di rinnovarsi.
Pasquale Di Lena

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