Il 9 maggio del 1945 l’Armata Rossa partita dalla controffensiva all’assedio nazista di Stalingrado entra a Berlino e issa la bandiera rossa sul Reichstag ponendo fine alla più cruenta dittatura del Novecento. Nel dopoguerra saranno i Capi di Stato dei principali paesi occidentali a scegliere il 9 maggio come la ricorrenza da celebrare per la liberazione dell’Europa dal Nazi-Fascismo, e mai come in questi anni di contorsioni culturali che hanno restituito un nuovo vigore a quelle ideologie, è indispensabile soffermarsi sul valore insostituibile della democrazia per non ricadere nelle tenebre di quel ventennio di tragedie, soprusi, leggi razziali, persecuzioni e negazione di diritti umani fondamentali. La vittoria di Trump negli Stati Uniti, l’esito del Referendum inglese sulla Brexit, l’affermazione per fortuna parziale di Marine Le Pen in Francia, e l’avanzata di partiti di estrema destra in Germania, Olanda, Polonia, Ungheria e Austria, dove per un soffio hanno mancato la vittoria, ci obbliga a non dare per scontato che il fascismo sia stato sconfitto una volta e per sempre. D’altronde il capitalismo reinventato dall’economia pubblica di mercato di Keynes dopo la crisi del 1929 e sostenuto dal compromesso sociale nel dopoguerra, si ritrova per la prima volta nella storia a non avere modelli alternativi, e avanza senza barriere culturali verso un sistema che mal si concilia con il rispetto dei diritti delle persone considerando sempre più la democrazia come un costo che riduce la competitività dei territori e comprime i profitti delle imprese.
Il terzo millennio tollera la sperimentazione della madre di tutte le bombe, l’uso di armi chimiche o il rischio di un conflitto nucleare senza che le Nazioni Unite prendano posizione e nel silenzio delle principali istituzioni internazionali. Il clima, le guerre, la fame, la povertà, le malattie, la mancanza d’acqua o le migrazioni dei popoli vengono considerate come un effetto collaterale del progresso inteso come accumulazione di ricchezze in ristrette oligarchie giunte ad avere una forza di gran lunga superiore a quella degli Stati, delle Organizzazioni Internazionali e delle Associazioni Umanitarie, Politiche e Sindacali. Il primato del profitto violenta i diritti dell’uomo, ne comprime la libertà e nega l’esercizio della democrazia liberale basata sulla regola degli illuministi di una testa un voto. Per questa ragione è indispensabile testimoniare ogni giorno il valore di un’Europa liberata, libera e democratica, capace di porsi come modello culturale di riferimento per altre aree del pianeta valorizzando le proprie radici di civiltà.
La Festa dell’Europa non è un rito, presuppone una mobilitazione culturale e una militanza consapevole., per questo ho sollecitato che in apertura di seduta del Consiglio Regionale del 9 maggio ci si soffermi sul messaggio predisposto per l’occasione dalla Conferenza delle Assemblee Legislative Regionali Europee.
Michele Petraroia