Riceviamo e pubblichiamo
Ogni tanto, specie quando qualche funzionario regionale va in trasferta negli Stati Uniti o in Canada “a caccia” di associazioni regionali (tutto spesato grazie ai soldi pubblici, cioè a tutti noi), torna in auge la retorica dei “molisani all’estero”. Parola d’ordine: “Tenere viva la memoria”. Ma, in fondo, chi veramente tiene al Molise ha oggi tanti modi per rimanere in contatto con la madrepatria, dai siti internet ai voli low cost ai social network. Per non parlare di possibili investimenti, che non si vedono. C’è davvero bisogno di queste continue trasferte istituzionali? Quali risultati concreti hanno prodotto in tanti anni di biglietti aerei Campobasso-Il resto del mondo?
Anche in questi giorni autorità molisane, con toni enfatici, riportano una serie di iniziative per “rilanciare il Molise all’estero”. In ordine: una sorta di maratona in Argentina, un gran galà in Canada, con premio al rappresentante della Mapei, e un evento con il console italiano nella belga Herstal, cittadina grande più o meno come Termoli, dove però ci sarebbero “duemila persone originarie di Castelmauro”.
Con la solita retorica, si sbandierano pure numeri discutibili: si parla di circa un milione di persone d’origine molisana nel mondo. Sarà pure vero, ma quanti di questi, ormai alle quarte e quinte generazioni, sanno realmente cosa sia il Molise? E perché ogni anno tornano in Molise sempre meno persone dall’estero, un numero ormai inconsistente?
Con più realismo, basta ricorrere all’Aire, il registro ufficiale, per rendersi conto che i molisani all’estero che conservano la cittadinanza italiana sono circa 70.000. Cioè, poca cosa (ce ne sono di più nel Lazio). E di questi una buona metà fa parte delle drammatiche “nuove migrazioni”, per le quali proprio le istituzioni molisane hanno non poche responsabilità.
(Valerio Mancini)